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Ricetta del Cav: un tetto ai salari e stop alle follie

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Neifatti il 'salary cap' è un fiume carsico che periodicamente torna alla luce, per poi inabissarsi di nuovo fino al successivo vento di crisi. Questa volta è Silvio Berlusconi che, in veste di patron rossonero, denuncia un «calcio fuori dalla realtà» e «compensi inammissibili». Lo applaude Lotito, gli rispondono Fabio Cannavaro («forse pensava agli ingaggi Milan») e Demetrio Albertini, vicepresidente Figc: «Basta dare sempre la colpa ai calciatori: guadagnano quel che i presidenti propongono loro». «I nostri stipendi dei calciatori sono fuori da qualsiasi parametro: già ridotti del 50%, sarebbero ingaggi folli», ha detto Berlusconi nella notte, dopo la sfida tra Milan e Juve, rilanciando l'idea di un «tetto salariale». L'uscita di Silvio Berlusconi del patron del Milan ha ridato il via al valzer dei pareri. Anche perchè la via dell'austerità è indicata da colui che negli anni '80 arrivava in elicottero ai raduni e fece del Milan uno dei primi club a spendere cifre da capogiro. «Io pagavo Gullit 10 miliardi di lire - è la replica - ma ne ricavavo 15 in pubblicità per le mie reti». Al fianco del presidente del Consiglio si schiera senza "se" e senza "ma" Claudio Lotito, numero uno della Lazio, che fin dal suo arrivo ha avviato una campagna di «moralizzazione» del pallone ed oggi si dice sempre più convinto che serve un freno.

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