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Mastella: "Faccio una festa come un rito maori"

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Clemente Mastella

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Il gran ritorno. In forma «bonsai» e con meno ospiti, ma l'appuntamento si ripete. Accade a Telese, dove ogni anno, da 15 anni a questa parte, si svolge la tradizionale festa dell'Udeur. Grandi ospiti, numerosi cronisti al seguito, svariate svolte politiche. La candidatura di Francesco Rutelli a premier per sfidare il Cavaliere alle politiche del 2001, per esempio, nacque proprio lì. Il tutto fino al 2008, anno orfano della kermesse telesina, con Clemente Mastella che, dopo svariate peripezie giudiziarie e politiche, annuncia «un periodo sabbatico». Un anno esatto, appunto. «Saranno solo tre giorni (dal 3 al 6 ndr), ma basati sempre sul confronto tra il centrodestra e il centrosinistra», spiega Mastella. Il programma è ancora in fase di definizione. Tra gli ospiti qualcuno è già confermato (vedi Sacconi, Bocchino, Cicchitto, Quagliariello, Bonanni Polverini, La Torre) qualcun altro è sotto la voce stand by (vedi Berlusconi). «Siamo un partito senza finanziamento pubblico», dice l'ex Guardasigilli. Che chiede ai suoi «lo sforzo» di una campagna di tesseramento. E indica per il partito il «modello Obama». Modello Obama? «Sì, un partito leggero, che si basa prevalentemente sull'autofinanziamento e che sul territorio dà autonomia alle realtà locali». Le ultime immagini che si hanno della festa sono quelle di lei che prende in braccio Roberto Benigni, nell'edizione del 2007. Quest'anno cosa bisogna aspettarsi? «Nulla di tutto questo. Nessun attore, nessun sorpresa particolare. Tutto molto sobrio. Ha presente cosa fanno i giocatori neozelandesi di rugby prima di una partita?». Veramente no. «Si riuniscono in una sorta di rito propiziatorio prima di giocare. Ecco, l'edizione 2009 di Telese sarà per noi così, una sorta di rito maori prima della grande partita».   Veniamo ad un argomento a lei caro: il Sud, al centro di un dibattito politico ancora molto acceso. «Guardi, tutte le risposte che arrivano mi sembrano molto stravaganti».   Intende dal governo? «Da entrambe le parti, ognuno dà delle ricette improvvisate. La verità è che la politica non riesce ad occuparsi seriamente del Mezzogiorno». Quindi, non crede al piano sud a cui sta lavorando il governo? «Spero si faccia sul serio. Ci sono diritti e doveri per tutte le regioni meridionali». Quali i diritti e quali i doveri? «I primi: combattere la mafia e la criminalità, per esempio. I secondi: tutti, alla luce del fatto che non siamo un'appendice dell'Italia». Domanda ad un "vecchio" della politica, cosa è cambiato nel Sud rispetto al passato? «Semplicemente che ora c'è un disagio sociale molto più marcato». In che senso? «Nel senso che oggi non ci sono politiche di intervento serie. Il Sud non può solo dare in termini elettorali o economici». Economici? La Lega non è molto d'accordo su questo... «Che la Lega faccia il suo mestiere è normale. Sono gli altri che non fanno il loro compito». Per esempio come? «Magari facendo un patto tra i diversi partiti, a tutela di tutte le realtà territoriali del Mezzogiorno». Un po' come dice Miccichè quando parla di partito del Sud. «No, non un partito. Un patto per il Sud tra le diverse classi dirigenti». È la soluzione? «È una proposta. E se poi gli altri continueranno a considerare il Sud un problema, allora meglio fare due Italie e non se ne parla più». A proposito degli "altri": anche sulle gabbie salariali non sembrano mollare. «Condivido la posizione del presidente Berlusconi. Non è pensabile una proposta del genere. Sarà anche vero che la vita al Sud costa di meno, ma c'è anche meno lavoro. E chi è avvantaggiato da questa situazione è proprio il Nord». Quindi, per il governo, problema serio o boutade estiva? «Secondo me, finirà come finisce quasi sempre in situazioni come questa. E cioè con la solita mediazione di Bossi che rimette tutto a posto. Scommettiamo?».

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