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"Basta Forza Italia e An Facciamo il vero partito"

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Nel tondo Patrizia D'Addario

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Lunghe dormite. I figli. Qualche vecchio amico come Salvatore Ligresti ed Ernesto Pellegrini. Qualche fedelissimo come Guido Podestà. Un'occhiata alla situazione nelle aziende con il giro dei direttori. Silvio Berlusconi si chiude ad Arcore. Poca politica per il momento. Una tappa in un centro commerciale a sondare l'aria che tira. Un giro a Lesmo, trantamila metri quadri con tanto di parco dove si sta completando la sede dell'Università liberale, il grande progetto a cui lavora oramai da un paio d'anni. Gli resta di andare a far visita al Milan, era in programma ieri ma poi è saltata. E di andare a Villa Campari, l'ultimo suo gioiellino sul Lago Maggiore, dove aveva pensato di trascorrere qualche giorno di vacanza. Insomma, il Berlusconi degli ultimi giorni è soprattutto un Berlusconi a riposo. A dieta, che sta cercando di recuperare le forze. L'unico sforzo veramente politico è stato quello di preparare la conferenza stampa di domani sui risultati del governo. S'è fatto stendere una nota su quello che è stato fatto in questi quindici mesi. Quattro pagine fitte di impegni mantenuti. L'abolizione dell'Ici, i rifiuti di Napoli, il piano anticrisi, l'intervento sulle banche, l'Iva di cassa fino all'ultimo aggiornamento con la moratoria sulle piccole imprese. Berlusconi si compiace a rileggersi quella sfilza di provvedimenti, ripete che ai giornalisti vuole pronunciare quella sequela impressionante. Forse ci sarà qualche anticipazione sull'autunno. Forse. Il vero capitolo aperto è il partito.   A un deputato del Pdl con cui ha avuto un colloquio di recente ha spiegato: «I tre coordinatori hanno lavorato bene, in una fase complessa. È vero che ora bisogna cambiare». Cambiare come? Intanto non a breve. Denis Verdini è in vacanza, a Cuba, tornerà tra una settimana ed è assai improbabile che il Cavaliere decida senza parlare con lui. Il punto a cui Berlusconi tiene di più in questo momento è fare davvero il partito unico. Una parola che gli è stata sentita pronunciare è «omogeinizzare». Basta con l'assurda regola del 70% delle posizioni a Forza Italia e il 30% ad An. È una regola che poteva funzionare nella fase iniziale, nella fase di avvio. Il premier storce il naso quando vede l'organigramma del Pdl con tutti i settori nei quali si alternano rigorosamente i responsabili dei due partiti fondatori. «Non ha più senso», ha più volte detto. E qui si aprono più questioni.   La soluzione che circola con più insistenza è quella di fare un coordinatore unico. Ma per farlo intanto bisogna cambiare lo statuto e per cambiare lo statuto bisogna raggiungere un accordo preventivo con Fini. Quindi è necessario individuare un nome, e qui si naviga nel buio. La formula al momento non sembra appassionare il Cav che piuttosto sembra più interessato a dare una rinfrescata con qualche giovane a cui far scalare posizioni. Idee. Idee in libertà. Ma quando Berlusconi è ad Arcore qualcosa sta per accadere. Fu così l'anno scorso quando a Villa San Maertino prese corpo il piano anti-crisi economica. E fu così due anni fa quando qui venne partorito il partito unico. Quest'estate sarà l'estate dell'organizzazione della formazione politica, del radicamento sul territorio, della messa in moto del grande motore azzurro. I nomi saranno la conseguenza.

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