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Napolitano, il Presidente si scopre "commissario"

Giorgio Napolitano

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Forse più cordiale, ma per niente facile, quello con Carlo Azeglio Ciampi (basterebbe ricordare il rinvio alle Camere della legge Gasparri). Assolutamente indecifrabile quello con Giorgio Napolitano. Già, perché nelle settimane più difficili per il premier, quando sui giornali impazzava il gossip, il presidente della Repubblica è stato sicuramente il più strenuo difensore del Cavaliere. Ha bacchettato i magistrati per la loro eccessiva ricerca di protagonismo, ha puntato il dito contro il «correntismo» del Csm ma, soprattutto, ha invocato una tregua in vista del G8 dell'Aquila che in molti consideravano come l'occasione propizia per lanciare l'assalto finale a Berlusconi. Passata la tempesta, però, il Capo dello Stato è diventato piuttosto «pignolo». Cordialmente, senza mai urlare (anche se Antonio Di Pietro lo vorrebbe più cattivo), Napolitano non ha perso occasione per intervenire sui provvedimenti del governo. Il primo è stato il «pacchetto sicurezza», promulgato dal Colle, ma accompagnato da una lettera di cinque pagine contenente quelle che, per Napolitano, erano le «rilevanti criticità» della legge. In particolare su ronde e reato di clandestinità. Un gesto che il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri ha definito senza mezze misure «irrituale». Fatto sta che il sì con riserva del Quirinale ha costretto il governo ad una leggera frenata, con la promessa che le valutazioni del Presidente sarebbero state attentamente valutate. Non solo, ma nel suo messaggio Napolitano puntava il dito anche contro il carattere «disomogeneo ed estemporaneo» del provvedimento. Richiamo che sarebbe tornato di attualità qualche settimana dopo. Siamo nell'Aula della Camera dove si sta discutendo il decreto anticrisi. L'esecutivo pone la fiducia e presenta un maxiemendamento che comprende e amplia il testo approvato dalle Commissioni. Gianfranco Fini non ci sta e ricorda proprio le critiche del Colle sui provvedimenti «omnibus». Il Capo dello Stato, però, va ben oltre e, appena Montecitorio licenzia il provvedimento, incontra il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il colloquio, fanno sapere, è stato concordato nei giorni precedenti, ma la sostanza non cambia: Napolitano esprime dubbi e perplessità. E il governo corre ai ripari. O meglio correrà ai ripari con un altro decreto. Ma i campi in cui il Quirinale è intervenuto dopo il G8 dell'Aquila sono diversi. Dai fondi Fus (ieri Berlusconi ha fatto sapere che l'esecutivo sta lavorando per incrementarli di 60 milioni) al testo sulle intercettazioni, slittato proprio dopo gli inviti di Napolitano a cercare una soluzione condivisa. Sembrano lontani i tempi in cui, con una lettera, il Colle fece sapere al premier che non avrebbe firmato un decreto per impedire che fosse staccata la spina a Eluana Englaro. Lo scontro fu violento. Niente a che vedere con quanto accade oggi. Ma allora i gossip sul Cavaliere erano poco più che battute nei corridoi dei Palazzi del potere.

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