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«Non lasciamo l'Afghanistan»

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«Lapresenza dei nostri militari in Afghanistan è imprescindibile. Lasceremo il Paese solo quando saranno garantite le condizioni di sicurezza». Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, stronca sul nascere ogni speculazione. Il governo non pensa, nè può pensare al ritiro della missione. E le parole di un ministro di peso come Umberto Bossi («io li porterei a casa tutti») sono state dettate da uno slancio affettivo, «un sentimento paterno». Si affretta a chiudere la vicenda, il ministro della Difesa. Ma le affermazioni del leader della Lega, consegnate ai giornalisti nella notte di sabato, mettono in difficoltà il governo. Sia perchè per la prima volta mostrano possibilità di spaccature sulle missioni militari all'estero. Sia perchè scoprono il fianco all'opposizione. Con il Partito democratico che invoca sicurezza per i militari e l'Italia dei valori che chiede di «ridiscutere in Parlamento il senso della missione». «Torneremo indietro - assicura La Russa - quando avremo concluso l'obiettivo della missione, che è dare all'Afghanistan la possibilità di gestire autonomamente il territorio». Bossi, invece, commentando il ferimento, ieri, di alcuni militari, sosteneva: «La missione costa un sacco di soldi e visti i risultati e i costi bisognerebbe pensarci su». Una questione di rapporto benefici-costi, quella che ha posto il ministro delle Riforme, dunque. Ma dal governo il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta si affretta a bocciarla e il titolare della Difesa la derubrica a reazione sentimentale: «pensieri da papà». «Le opinioni di Bossi sono rispettabilissime - taglia corto anche il presidente della commissione Esteri del Senato, Lamberto Dini - ma non sono quelle dei partiti di maggioranza e opposizione».

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