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L'occasione non va sprecata

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In altri Paesi europei, come la Francia, provvedimenti più settoriali hanno già portato sollievo al mercato edilizio e all'occupazione nel settore. Adesso anche in Italia uno dei settori produttivi più importanti per l'economia nazionale riceve una boccata d'ossigeno. Il Piano Casa prevede la costruzione nei prossimi cinque anni di centomila nuovi alloggi destinati ai nuclei familiari a basso reddito, ai giovani, ai pensionati, agli sfrattati, agli studenti fuori sede. Lo stanziamentio previsto dal governo è di 200 milioni di euro che diventranno 550 nei cinque anni. 150 milioni di euro è l'entità dei fondi immobiliari stanziati che si valuta possano produrre tre miliardi di investimenti. La legge si propone, oltre allo snellimento delle procedure di approvazione dei progetti, la valorizzazione dei beni demaniali che costellano i territori comunali delle nostre città in modo da favorire la creazione di nuovi servizi urbani dei quali quasi ovunque si sente urgente bisogno. Quale sarà l'impatto del Piano Casa sulle nostre città e sul nostro paesaggio? È una domanda più che lecita in un Paese come l'Italia che ha visto negli anni '60 una crescita caotica del patrimonio edilizio con conseguenti gravissimi danni alla sua immagine tradizionale che alimenta, non dimentichiamolo, la più grande delle nostre industrie ancora attive, ossia l'industria del turismo. La risposta è che questo impatto risponde a una necessità non solo economica ma anche sociale e può essere reso «sostenibile», cioè compatibile con le esigenze della difesa dei beni culturali, del rilancio dell'ambiente e della riduzione dei consumi energetici, attraverso un'azione di controllo rapida ed efficace affidata a un organismo fuori dalle logiche burocratiche. Più di 60 anni fa il governo italiano varò un piano che aveva come scopo principale l'occupazione operaia e si rivelò un prezioso strumento anche dal punto di vista culturale. Il cosiddetto Piano Fanfani coinvolse le migliori energie dell'architettura italiana del tempo per realizzare all'interno di quasi tutte le città l'esperimento di un nuovo habitat e ancora oggi gli edifici costruiti allora si distinguono dal resto delle periferie anonime per le loro caratteristiche formali e costruttive. Per arrivare a questo risultato vennero banditi concorsi e fissati standard qualitativi. Stato e Regioni, non in conflitto ma in positiva interazione, potrebbero oggi mobilitarsi per dare rapidamente al Piano Casa un significato qualitativo. È nei momenti difficili che si risvegliano spesso le sfide e oggi come allora l'ingegno, l'abilità tecnica e l'amore per la bellezza dovrebbero prevalere sul fatalismo pessimista.

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