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Il Cartellino rosso del Presidente

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Quando è troppo, è troppo. Il presidente della Repubblica è un arbitro e, come giusto, non si fa trascinare nella rissa. Questo non vuol dire che non possa e non debba reagire alle critiche, seppur rozze, che gli vengono rivolte. Giorgio Napolitano non è semplicemente l'inquilino più famoso del Quirinale, è il custode della nostra Costituzione e rappresenta la sacralità delle nostre istituzioni. Che il presidente della Repubblica avesse le carte in regola per manifestare tutta la sua autorevolezza senza alcuna riserva lo si era già apprezzato alla vigilia del vertice internazionale del G8. Se l'autolesionismo nazionale si è arrestato e l'Italia ha potuto dimostrare all'Aquila le sue grandi virtù, è stato proprio grazie alla prima carica dello Stato. Ieri il presidente ha voluto ribattere a quel «fiero guerriero» che non ha voluto neppure citare ma che ha le fattezze del leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro. Ha ribadito, chiaro chiaro, che l'ex ministro sa poco o nulla della Carta sulla quale pure ha giurato. Il monito esplicitamente severo di Napolitano è importante perché ricorda che non esiste una zona franca in cui un leader politico possa esprimere privo di responsabilità le proprie dissennate e offensive considerazioni. In politica, la libertà di opinione è un valore fondamentale che ha due soli limiti: quello del rispetto della Costituzione e quello della decenza. L'onorevole Di Pietro li ha superati entrambi. Con buona pace delle vestali dell'ipocrisia costituzionale, il cartellino rosso ci sta tutto.  

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