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Il "modello" Campania Nel Pd più iscritti che voti

Antonio Bassolino

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Mancano pochi giorni alla chiusura dei giochi e i «signori delle tessere» del Pd campano sono in fibrillazione. La deadline per partecipare al prossimo congresso ed avere voce in capitolo sulla corsa alla segreteria del Partito Democratico è fissata per il 20 luglio. L'outsider Ignazio Marino ha denunciato apertamente brogli: «A Napoli stanno macinando tessere al ritmo di seimila in un solo pomeriggio». E si è beccato le seccate repliche del commissario cittadino Enrico Morando e del segretario regionale Tino Iannuzzi: «Tessere gonfiate? Impossibile, ci sono meccanismi di controllo severi. In Campania ci attestiamo attorno alle 100mila iscrizioni, più o meno la somma di quanto avevano Ds e Margherita». Tutto vero? Può darsi. Eppure i casi «anomali», per usare un eufemismo, non sono mancati, e in un intero Comune, Torre Annunziata, si è dovuti ricorrere alle maniere forti: tesseramento sospeso fino a nuovo ordine. Le iscrizioni erano andate fuori controllo. Ma non si tratta di un caso isolato.   Ci sono Comuni dove il Pd, alle Provinciali di un mese fa, ha preso meno voti degli iscritti. Un'anomalia eclatante. È successo a San Giuseppe Vesuviano, a Pimonte, a Casola, a Casamarciano, a Visciano. I militanti erano andati tutti al mare? Difficile crederlo. E non si tratta di dati segreti. Al contrario. È tutto scritto nero su bianco in uno studio condotto da Michele Caiazzo, consigliere regionale del Pd. La relazione si può scaricare da internet ed i vertici del partito dovrebbero conoscerla bene. «I casi anomali non si fermano lì», spiega Caiazzo. «In teoria, in un partito trasparente, ad ogni iscritto dovrebbero corrispondere almeno dieci voti, perché il militante porta a votare anche parenti ed amici che non sono tesserati. Invece a Napoli e provincia accade per lo più il contrario. Nella stragrande maggioranza dei Comuni e delle Municipalità il rapporto tra iscritti e voti si ferma attorno a 2 o 3. Cifre da considerarsi sospette». In effetti, a spulciare le tabelle che corredano lo studio elaborato dal consigliere regionale è evidente che il rapporto «corretto» di uno a dieci viene mantenuto solo in 12 Comuni della provincia e due Municipalità della città di Napoli. Qualche esempio? A Frattamaggiore il Pd ha 2062 tesserati ed ha ottenuto 5.012 voti. Rapporto: 2,32. A San Giorgio a Cremano, altro grosso centro alle porte di Napoli, gli iscritti sono 2.414 ma i voti si sono fermati a 5.820. Un rapporto di 2,41. A Napoli le Municipalità con le più evidenti anomalie sono anche quelle a più alta incidenza di camorra, ma questo è un dato dal quale non si può desumere granché. A Barra-Ponticelli-San Giovanni a Teduccio, periferia Est, regno del clan Sarno, il Pd registra ben 4.336 iscriti e solo 13.696 voti. A Bagnoli-Fuorigrotta, periferia occidentale, gli iscritti sono 3.242, i voti poco più di 11mila: un rapporto di 3,61. Stesso rapporto anche nella periferia Nord, tra Secondigliano, Miano e Scampia, teatro della faida del clan Di Lauro: 1.791 iscritti e 6.651 voti. Basta invece andare nei «quartieri bene» della città, a Vomero e a Posillipo, per ritrovare dei rapporti più bilanciati, 10,59 voti per ogni iscritto al partito. «Quello della corsa alle tessere è un vecchio vizio della Campania», confida un dirigente del partito che preferisce non essere nominato. «In provincia di Caserta arriveremo forse a 10mila tessere. Tutta la Lombardia ne conta meno della metà. Napoli e provincia sfiorerà le 60mila, Benevento e Avellino intorno alle 6mila ciascuna. Salerno il doppio. Non a caso qualcuno ha proposto che in futuro i delegati congressuali si contino sui voti ottenuti invece che sulle tessere». Il commento di Caiazzo? «Gli inflitrati ci sono, è evidente. E questo non deve accadere, per cui la dirigenza dovrebbe rendere provvedimenti. Dobbiamo costruire un partito in cui i militanti contino, non dove vengano usati gli iscritti per le guerre interne. Se le tessere sono fasulle, allora che Partito Democratico è?».  

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