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Le lobby finanziarie contro il nostro futuro

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Berlusconiè l'uomo dello schermo, il bersaglio transitorio. Con lui si vuole arrivare a giugulare l'Italia. Nel mirino ci siamo noi, i nostri risparmi, i nostri beni, le nostre aziende, il futuro dei nostri figli. Quando si grida che l'Italia deve essere cacciata dal G8 e retrocessa sulla soglia dei paesi sottosviluppati; quando s'invoca Obama, perché faccia il regista all'Aquila, essendo noi italiani berlusconizzati incapaci d'intendere e di volere; allora, il salto di qualità rimanda al progetto luciferino contro la Patria. Attraverso le campagne di fango e l'auspicata ed attesa catastrofe politico-istituzionale - una caduta, adesso, di Silvio significherebbe caos -, la mira è quella di farci tornare ghiotto boccone per le solite fauci finanziarie. Dico "solite", perché è venuto fuori nella guerra a Berlusconi, il nome di un perfido nemico del tricolore. Si tratta di György Schwartz, alias George Soros, prodigo finanziatore di tutti i fautori della droga libera e dell'eutanasia, in apparenza per idealità laico-liberali, mentre è forte il sospetto che, anche in questi cimenti, prevalga la strategia destabilizzante. Soros è stato nemico giurato di Gorge W. Bush ed è invece, pappa e ciccia con Prodi. Illuminante risulterà il calendario 1992: febbraio, arresto di Mario Chiesa e partenza della via giudiziaria all'abbattimento del sistema politico. Settembre: Soros, mago della finanza dei derivati, in poche ore, speculando sulla nostra moneta, si mette in tasca circa 400 miliardi (28 milioni di dollari), mentre noi italiani perdiamo il 30% del potere d'acquisto e del valore dei Bot. Da 760 lire per un marco scivoliamo sino alle 1200 e il gioco di Soros costerà complessivamente a Bankitalia 48 miliardi di dollari al cambio di allora. Il prezzo, in realtà, è assai più pesante, perché comporterà la rapina delle privatizzazioni a prezzi da saldi (Telecom, Enel, Eni, Comit, Bnl, Credito Italiano, etc. etc.). Giugno: L'assalto ai nostri gioielli di famiglia viene messo a punto sul "Britannia", panfilo ancorato davanti a Santa Severa. Là, Soros coordina il gruppo di banchieri e manager italiani, americani, inglesi, olandesi, tesi allo smantellamento del nostro capitalismo di Stato, in perfetta sincronia con la distruzione della prima repubblica. Il primo bersaglio del "Britannia" non può che essere Bettino Craxi, il leader, rappresentato da "Repubblica" con stivaloni e camicia nera, anche perché non avrebbe mai consentito, da vero socialdemocratico, la svendita dell'Iri, la miglior creatura "socialista" del fascista Mussolini. Tre anni dopo, 1995, a mo' di "ringraziamento", Romano Prodi consegna a Soros la laurea honoris causa presso l'ateneo bolognese. E Prodi, pur non graditissimo all'ulema D'Alema ("Prodi è un ottimo leader del polo sinistra-centro, ma ci vorranno sei mesi a convincere lui, e altri sei mesi a far capire agli italiani chi è") avrà in regalo, a sorpresa e subito, la leadership dell'Ulivo. Ieri, l'innesco delle tangenti, oggi dei pettegolezzi, ma siamo pur sempre al medesimo periglioso passaggio: sbandierando verecondia e questione morale, c'è sempre qualcuno che ci rimira come abbacchi al forno da spolpare. Se, poi, il qualcuno si chiama Soros, allora, insieme alla certezza del rischio, viene alla mente anche il ritorno del vendicativo Prodi.

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