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Il realismo di Barack tra Silvio e i russi

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Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama sta imparando a passare per la "porta stretta", come "The Economist" auspicava nella scorsa primavera. Si trattava della crisi finanziaria mondiale, dunque di un epicentro evidente e devastante. Oggi, Obama ha imparato a parlare la lingua della leadership, puntando sulle disgrazie di un altro protagonista della scena internazionale, Silvio Berlusconi. Dopo l'attacco violento del quotidiano inglese "The Guardian" - che aveva scritto di gravi carenze dell'organizzazione del G8 a L'Aquila da parte dell'Italia - e l'editoriale di ieri dell'altro giornalone americano progressista con la puzza sotto il naso, il "New York Times", ricco di "cassandrismo" a buon mercato circa le aspettative sul G8, ovviamente "basse", il capo della Casa Bianca ha reagito con forza con due ore di colloquio con Berlusconi, introdotto da un «è bello vederti, amico mio».   Berlusconi non si è fatto pregare ed ha insistito sulle qualità carismatiche e innovative del Presidente Obama e quest'ultimo ha replicato: «Abbiamo cominciato bene». Il tono, com'è noto, fa la musica e questa cordialità reciproca, non banale, ha un senso strategico-politico che deve essere sottolineato. Intanto, ci troviamo di fronte a due leader che hanno entrambi bisogno che questo G8 vada bene, per ragioni diverse. Berlusconi deve riprendere il percorso, dopo alcuni mesi di accuse infamanti riprese ad ogni piè sospinto dalla stampa internazionale, in un concerto che richiama la solidarietà tra le élites progressiste della finanza che ha sfasciato il sistema economico internazionale, non dimentichiamolo. Obama ha bisogno di Berlusconi, perché, dopo l'incontro con Medvedev, la firma dell'accordo sulla riduzione delle testate nucleari e il successivo incontro con Putin nella sua dacia, deve consolidare i rapporti con lo zarismo democratico di supplenza gestito dal grande amico del nostro premier, quel Vladimir Putin ospite a Villa Certosa e difeso in ogni circostanza. Gli Stati Uniti stanno ripartendo dopo la stagione drammatica dell'Iraq e il fallimento in Afghanistan, con l'Iran in mano alla rivoluzione fondamentalista e le repressioni di piazza: la partita sta diventando dura e Obama sta ripescando dalla sua biblioteca i manuali di realismo politico, in primis Niebuhr. Negli Usa c'è tutto un dibattito sulla politica del Presidente e molti specialisti di strategia politica lo inseriscono nel filone dei realisti, con tanto di prestigiosa genealogia. Si comprendono, dunque, le ragioni dell'atteggiamento di Obama contro le "anime belle" dei giornali progressisti. Il messaggio è chiaro: ragazzi, non disturbate il manovratore, la faccenda si fa maledettamente seria e ci sono in ballo interessi più grandi dei vostri salottieri risentimenti contro un alleato-chiave come Berlusconi. Attraverso l'"amico" Berlusconi, infatti, il Presidente della super-potenza in difficoltà riesce a garantirsi un corridoio preferenziale con Putin, evitare possibili schermaglie con la Russia, nonostante i nuovi accordi stipulati, mettere, cioè, in cassaforte il risultato. Non solo. Si aprirebbe, in questo modo, una nuova chance di alleanze di supporto contro l'Iran dei nipotini di Khomeini, perché Putin ha in mano le chiavi per contrastare la sua area geopolitica e raffreddare molti animi anche da quelle parti. Insomma, Obama sa che, con questi chiari di luna, la retorica non basta più, non bastano più le reprimende contro i capitalisti, non basta più l'attendismo nell'area mediorientale. Ci vogliono alleanze fondate sull'efficacia relazionale, cioè ci vuole un "metodo Berlusconi". Nel colloquio con Berlusconi, Obama gli ha chiesto appunto lumi su «come approcciare i russi». La scena geopolitica postmoderna è trasparente e gli attori importanti sanno bene cosa fare. La stampa anglosassone appartiene a quella "superclass" "modello Davos", frequentata dai falliti attuali della finanza e i nuovi pescecani di domani. Brutta gente per un vero Presidente degli Usa.

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