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Per i Potenti il summit delle regole

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Parliamodi finanza e non teniamo mai conto della finanza islamica, parliamo di superpotenze e fatichiamo ancora a considerare che la Cina ormai non è più una proiezione verso il futuro, ma un dato di fatto. In pochi mesi abbiamo ricomposto il nostro mondo tutto concentrato sull'Occidente e siamo ricaduti nella miopia di sempre. E allora diventa difficile trovare le formule giuste dei tavoli di discussione se non accettiamo le regole del gioco, prima fra tutte quella che il potere del pianeta non è più nelle mani delle potenze tradizionali. E ancora, non è immaginabile perseguire la formula superinclusiva che porterebbe a replicare il modello Onu, visto che negli ultimi anni è stato uno dei meno efficaci e credibili. Il problema forse non sono le geometrie ma il senso delle cose. Piaccia o no alcuni elementi portatori di senso in questo G8 ci sono, con buona pace dei colleghi del Guardian di Londra e del loro scoop fatto di fonti anonime, imprecise, e magari manovrate ad arte. Il Legal Global Standard voluto dal ministro Tremonti, ad esempio, è un primo dato di fatto: ma guarda caso le opposizioni più significative all'adozione di un comune codice di condotta per il mondo della finanza vengono proprio dal mondo anglosassone. Eppure il fatto stesso che la questione delle regole venga messa al centro degli incontri di questi giorni è in sé un passo avanti. Poi chi studia le formule nuove, o chi vuole dire che il G8 non serve più a niente, soprattutto questa volta che è in casa italiana, può trovare tutte le motivazioni del pianeta. Di fatto poi un confronto sui problemi chiave deve avvenire, qualunque sia il luogo, la formula, la geometria. Altrimenti limitarsi a criticare il carrozzone mediatico e la passerella dei «grandi» può suonare estremamente popolare, raccogliere facili consensi ma, di fatto, lasciare senza soluzioni; e senza luoghi dove, faticosamente, ricercarle.

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