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"Siete Grandi, salvate i monumenti"

L'Aquila, Collemaggio dall'interno, dove ci sono le spoglie sepolte.

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«Ai grandi della Terra diremo: eccoli i nostri monumenti feriti, la fetta del Bel Paese che rischia la morte. Guardatele, queste quarantacinque emergenze, decidete voi se volete salvarle, e quali». Luciano Marchetti - l'ingegnere, il sovrintendente dei Beni Culturali che il sisma ha trasformato in vicecommissario alla Protezione Civile per l'Abruzzo, in braccio destro di Bertolaso, insomma - lavora ancora di più, in questa vigilia di G8. Non solo i sopralluoghi in chiese e palazzi storici, quelli che da tre mesi non sono più loro. Ma il lavoro alla caserma di Coppito, l'allestimento delle tre mostre insieme con Alessandro Nicosia, il «patron» del Vittoriano. È come un flash back, questo nuovo impegno. Un rivedere l'Italia com'era e com'è. Un ritrovare il filo rosso delle eccellenze che ci mantengono primi nel mondo. «Mettiamo in mostra il telescopio di Galileo e il Codice di Leonardo. Ma anche la Cinquecento della mia gioventù e quella rifatta ora dalla Fiat, la stessa Fiat che lancia le vetturette negli States. E la grazia del tombolo, e la suggestione delle ceramiche, quelle di ieri e di oggi. Per confermare che il nostro Paese è ai vertici della produzione artistica». E poi c'è la lista di nozze, quei quarantacinque monumenti da salvare. Sono "esposti" per i capi di Stato in foto e video. Per ciascuno è indicata la cifra da spendere. Cinquanta milioni di euro per la Fortezza Spagnola dell'Aquila, sette milioni per la chiesa della Anime Sante, con quella cupola del Valadier sventrata che è divenuta l'icona dolorosa del terremoto. Ancora, un milione e trecento mila euro per l'Abbazia di San Clemente di Casauria. Hanno già trovato chi li adotterà? La chiesa di Casauria sarà presa in carico dal World Monument Fund, quella di San Marco dalla Regione Veneto. La Francia penserà alla chiesa delle Anime Sante. Ma la maggior parte della "lista" deve trovare uno sponsor. Diremo ai grandi della terra: queste sono le emergenze, prendete in carico quella che preferite, possibilmente senza scegliere ciò che dà più lustro, come si fa quando si preme per adottare il bambino più bello, quello biondo. Ma a che punto sta il lavoro sulla città sventrata? Continuiamo senza sosta la messa in sicurezza delle chiese e degli edifici pubblici, mentre di quelli privati si occupa il Comune. Sono duemila le costruzioni di interesse storico-artistico danneggiate. Ma non abbiamo la bacchetta magica, l'operazione non potrà essere conclusa prima della fine dell'estate.   E poi? E poi si ricomincia a ragionare sul centro storico, su come la gente dell'Aquila vorrà la propria città. Perché è ovvio il recupero delle chiese e dei palazzi importanti. Ma qui anche gli edifici minori hanno una storia, sono il tessuto connettivo del capoluogo. Insomma, si deve capire come ridisegnare urbanisticamente la città, e i restauri sono condizionati da queste scelte. Scelte dolorose. Inevitabili. Vede, in Umbria e nelle Marche i danni in totale erano gli stessi, ma su un territorio più esteso. Qui la distruzione è concentrata, mette in discussione l'identità dell'Aquila. Una cosa simile successe solo a Messina, nel terremoto d'inizio Novecento. Ma non si può paragonare la tecnologia di oggi a quella di cent'anni fa. E poi era diverso l'approccio alla ricostruzione, c'era la passione per il nuovo. Se lei fosse aquilano, come vorrebbe la sua città? Vorrei che uscisse, appunto, da un ragionamento. Non bastano i soldi, anche se sono fondamentali. Servono idee. A settembre metteremo attorno a un tavolo quelli che avranno qualcosa da dire: ingegneri, restauratori, architetti, urbanisti. Alla ricerca della migliore soluzione possibile. Subito dopo la scossa del 6 aprile, quando ha cominciato a lavorare qui, si immaginava meno o più difficoltà di quelle che sta vivendo? È peggio. Molto peggio di quello che si vede in tv. Se non si viene all'Aquila, non si ha l'idea di quanto è avvenuto. Per questo è giusto che il G8 si faccia qui.  

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