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Risse e tensioni al corteo contro la Base di Vicenza

Vicenza, tafferugli al corteo contro la base Usa

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L'Independence day di Vicenza si decide sul ponte del Marchese, un budello lungo 15 metri e largo cinque che passa su un torrente che segna il confine non solo fisico tra il presidio permanente dei comitati contro la base Usa e l'area dove sorgeranno le nuove strutture. È li che manifestanti e forze di polizia prima si fronteggiano e poi si scontrano, senza che i primi riescano nell'intento di violare la zona rossa. Che quella di Vicenza fosse una manifestazione a rischio, gli investigatori lo andavano dicendo da giorni, anche considerando che si trattava del primo importante appuntamento previsto nella settimana di mobilitazioni contro il G8 che si aprirà mercoledì all'Aquila. E anche i messaggi arrivati da entrambe le parti fin dalla mattina erano chiarissimi: «Entreremo nell'area dell'aeroporto», hanno ripetuto gli organizzatori, «e lo faremo per attirare l'attenzione di Obama»; «Non sarà consentito alcun tentativo di accedere alla base», hanno replicato i responsabili delle forze dell'ordine. A Vicenza sono inoltre arrivati esponenti dei centri sociali del nord est ma anche di Roma, Milano, Torino, Cremona, Brescia. Tutta gente intenzionata a violare la zona rossa. Stando così le cose, lo scontro era inevitabile. E infatti, puntualmente, c'è stato. Anche se i centri sociali hanno avanzato un'altra spiegazione: le forze dell'ordine hanno militarizzato la città disponendosi lungo tutto il percorso del corteo e non all'interno della base, così come promesso. Ciò ha reso di fatto impossibile lo svolgimento della manifestazione e dunque il «contatto» con poliziotti e carabinieri si è reso necessario per costringerli a schierarsi all'interno del perimetro della base. Cosa che poi è effettivamente avvenuta e ha consentito il regolare svolgimento del corteo. A dare il via agli scontri sono state frange dei manifestanti: una volta sul ponte, le prime file del corteo - circa duecento persone con caschi, volti coperti e scudi di plexigas - hanno tentato di svoltare verso destra dove un nucleo di carabinieri bloccava l'accesso ad una stradina secondaria che costeggia l'aeroporto.   No global e forze dell'ordine si sono prima fronteggiati, da un lato gli scudi dei carabinieri dall'altro quelli dei manifestanti con l'immagine di Obama stampata sopra, e poi si sono scontrati. Due minuti in cui sono volate pietre e biglie, ma anche fumogeni, lacrimogeni ed estintori, fin quando la testa del corteo non è arretrata al di là del ponte. «Abbiamo cercato di allontanare i carabinieri usando gli scudi imbottiti - dicono dal palco del presidio permanente gli organizzatori della manifestazione - ma lo abbiamo fatto solo per difenderci». «È in atto una vergognosa militarizzazione della città - aggiunge Luca Casarini - con il chiaro obiettivo di mettere paura ai vicentini e scoraggiarli dal partecipare alla manifestazione». Conclusa la prova di forza, è potuta iniziare la vera manifestazione, con le donne dei comitati che si oppongono alla base in testa al corteo, con uno striscione con scritto «No Dal Molin, yes we can». Non prima però che un altro gruppo di no global tentasse, senza riuscirci, di attraversare il torrente con degli assi di legno, in un punto distante alcune centinaia di metri dal ponte, per raggiungere la recinzione della base. Il corteo è così partito e si è concluso senza altri scossoni; con i vicentini, o almeno quella parte di vicentini contrari alla base, che hanno costeggiato tutto il perimetro dell'aeroporto, accolti lungo la strada dagli applausi e dalla solidarietà dei cittadini. Una vittoria a metà, dunque, anche perché se è vero che c'erano circa diecimila persone a sfilare, la maggioranza della città ha disertato l'appuntamento. E Barak Obama, il più presente oggi a Vicenza essendo sulle magliette, sugli striscioni e perfino sugli scudi, non ha cambiato idea: la base si farà e ospiterà tutta la 173ª brigata aviotrasportata, quella resa famosa da «Apocalipse Now».

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