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J8: parlano i giovani

Giorgia Meloni

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{{}}Si respira aria di grandi preparativi. Da giorni stampa e tv ne danno notizia: il G8 de L'Aquila è alle porte, i grandi della terra raccolgono le loro carte, i no global disegnano i loro striscioni.  Ma governanti e manifestanti non saranno gli unici protagonisti. Ieri, a Roma, è arrivata una squadra un po' meno rumorosa delle altre, composta da 56 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 17 anni. Vengono dai paesi del G8 ma anche da Brasile, Cina, Egitto, India, Messico e Sud Africa. Sono stati selezionati tramite concorsi nazionali e hanno un programma piuttosto impegnativo: parteciperanno al Junior 8 Summit, il meeting parallelo al G8 promosso dall'Unicef. Discuteranno, prepareranno un documento e lo consegneranno ai leader del G8 quando saranno ricevuti in delegazione a L'Aquila. Come i «grandi della terra», anche i «piccoli» hanno un ordine del giorno definito: si occuperanno in particolare dei diritti dei bambini nel contesto della crisi finanziaria, dei cambiamenti climatici e dello sviluppo di un continente ferito come l'Africa. Tre temi diversi, ma uniti dallo stesso filo conduttore: il futuro del mondo che i ragazzi si stanno preparando a ereditare e di cui in un tempo non molto lontano avranno la piena responsabilità. I ragazzi lavoreranno dunque su questioni complesse, che anche i leader toccano con le molle. Ne sono contenta perché non si tratta dei soliti argomenti relegati nella categoria «giovani» che troppo spesso diventa sinonimo di tempo libero. Personalmente non credo alle politiche di genere, nemmeno a quelle giovanili, tanto che per questo motivo ho cambiato nome al ministero che dirigo e l'ho intitolato alla Gioventù. Credo infatti che i giovani debbano occuparsi di tutto, dalle energie rinnovabili alle discriminazioni sociali, dallo sviluppo economico alla difesa dell'ambiente: perché è su questi temi che si costruisce il futuro. L'occasione che hanno i giovani del J8 è importante: portare al tavolo dei grandi le istanze dei ragazzi e delle ragazze che rappresentano e ricordare a chi oggi governa l'obbiettivo che ogni vero leader politico deve avere: far di tutto per lasciare alle generazioni che verranno un mondo migliore di quello che hanno ereditato. Non si tratta di una mera formalità. Spesso la politica cade nel tranello della contingenza e rischia di occuparsi solo di ciò che immediatamente ritorna utile in termini di consenso, perdendo così la capacità di disegnare prospettive di lungo periodo. Ma quando i leader del G8 si troveranno di fronte i ragazzi e il loro documento dovranno ricordare, come diceva il Piccolo Principe di Saint de Exupéry, che «non ereditiamo la terra dai nostri avi, ce la facciamo prestare dai nostri figli». Ed è dunque a loro che bisogna rendere conto. Mi auguro che, per i ragazzi che hanno la fortuna di parteciparvi, il Summit J8 non rimanga soltanto una gita da ricordare con piacere per tutta la vita. Spero che il loro interesse per il futuro del mondo e delle proprie comunità nazionali non si esaurisca nel consegnare una bella proposta ai leader, ma che rappresenti l'inizio di un nuovo cammino di impegno civile e politico anche in patria. Perché la terra che abiteranno cammini davvero nella direzione che ritengono migliore, per passare a loro volta con onore il testimone alle generazioni future.

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