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La corruzione sessuale sulla salute degli italiani

Medico

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No, non è finita. Lo schifo della sanità regionale, anzi delle sanità regionali, non ha limte. Chi credeva di aver provato il massimo del disgusto con i racconti (tutti da provare) dell'imprenditore abruzzese Vincenzo Maria Angelini che spiegava di aver portato sacchi di soldi direttamente a casa dell'allora presidente della Regione Ottaviano Del Turco, ebbene chi credeva di aver avvertito conati di vomito si rassegni: deve arrivare dell'altro. Questa volta da Bari, Puglia. Una Regione che già era stata travolta da un'inchiesta giudiziaria quando era a guida centrodestra e che adesso nel mare all'orizzonte vede gonfiare un nuovo tsunami penale. Si parla anche di nuovi arresti, forse in arrivo dopo il G8. Quel che è certo, tuttavia, è il contorno, la cornice di questo nuovo scandalo. Mentre i pm puntano la loro attenzione su un mega-appalto di forniture per capire se siano state pagate tangenti a vario titolo, appare ormai conclamato che un nuovo sistema. Il sistema Tarantini, dal nome del rampollo di una famiglia pugliese che ha ereditato un'azienda di protesi sanitarie (il parlamentare del Pdl che ha portato questo signore da Berlusconi farebbe bene ad autoespellersi dalla politica). Stavolta però c'è un nuovo risvolto: le donne. Venivano usate per compiacere i politici locali, era stata presa anche una garconierre in pieno centro a Bari così assessori e consiglieri regionali potevano andare a fare sesso quando ne avevano voglia (tutti di sinistra, e poi fanno la morale al Cavaliere). Tanto poi passava Tarantini. Anche queste, è bene chiarirlo, sono accuse tutte da dimostrare e l'imprenditore pugliese ha smentito tutto. O quasi, perché ha confermato invece che si accompagnava spesso a belle ragazze per fare bella figura. Tuttavia quella che sembra manifestarsi è una nuova ipotesi di reato forse più grave delle precedenti al punto che il Parlamento dovrebbe prendere in considerazione l'ipotesi di aggiornare il codice: la corruzione femminea. No, via le ipocrisie. Siamo alla corruzione pompinara, corruzione per via orale, corruzione per via vaginale. Eh sì, è cruda ma è così. Inutile usare giri di parole, di questo stiamo parlando. Il letamaio che appare essere la sanità pugliese aveva anche queste caratteristiche. Ci sarebbe da sganasciarsi per queste storie che neanche Boccaccio poteva immaginare. Invece da divertirsi ce n'è ben poco. Perché si parla di sanità, della salute degli italiani. Dei nostri soldi che dovrebbero essere destinati agli ospedali, alle cure, agli ammalati. Sia chiaro, quel che succede a Bari non è da confinare solo ai limiti del Tavoliere. Succede in tutta Italia. Succedeva in Abruzzo, ma anche nel Lazio, in Campania, in Lombardia. Attraversa destra e sinistra con giunte che si alternano senza cambiare metodi e mezzi. Al contrario. Perché? La sanità è il nuovo oro pubblico. Una documentatissima inchiesta dell'Espresso di quasi un anno fa indicava in 100 miliardi di euro il volume d'affari del business sulla salute. La metà dei quali va direttamente nelle tasche dei privati. Cash. Tutto per effetto della riforma Bindi varata ormai dieci anni fa che incaricava la politica di scegliere i manager. L'intento era quello di responsabilizzare i governatori che così avrebbero pagato elettoralmente in caso di malagestione. Gli effetti non sono stati quelli. Il risultato dopo due lustri è che i manager degli ospedali sono tutti lottizzati, la politica comanda, i costi lievitano, la corruzione dilaga. La sinistra preferisce occuparsi di Patrizia D'Addario e le sue serata con Berlusconi e non di questo che è il fulcro della vicenda. La sanità laziale, al termine dell'esperienza di governo Storace (che eredita un buco già spaventoso), si ritrova un debito di 3,4 miliardi. Poi scattano gli arresti, una settantina, al centro di tutto Lady Asl, l'imprenditrice Anna Iannuzzi che rivela imbrogli e mazzette in particolare all'Asl Roma C. Arriva Piero Marrazzo, tutto cambia e tutto resta uguale. Per un appalto informatico alla Roma C, sempre quella, partono le mazzette e poco dopo pure le manette. Andiamo in Campania e qui il deficit è di 4,6 miliardi, due volte e più la voragine provocata dalla putrita vergogna dell'emergenza monnezza senza mai che sia stato sostituito un manager per manifesta incapacità. Mai. E poi c'è la Calabria, la Lombardia, il Piemonte. Ma la politica preferisce guardare dal buco della serratura.

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