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Quando Scalfari dovette scusarsi con Eltsin

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VittorioZucconi di «Repubblica», pur di dimidiare Berlusconi, è riuscito nell'impresa di presentare l'Italia come paese equiparabile allo Zimbawe. Vengono alla mente due emblematici precedenti. Il primo riguarda Giovanni Paolo II. Sdegnato per la sistematica disinformazione, che gli ricorda la stampa del regime comunista, il Pontefice, assiso sull'aereo già pronto al decollo, fra i tanti vaticanisti al seguito nota la presenza di quello di «Repubblica». Ebbene, lo fa scendere. Il secondo attiene allo stesso Zucconi. Ebbene, nel settembre 1989, capita qualcosa di surreale: «Repubblica» e «Pravda» escono col medesimo articolo a fotocopia contro Eltsin, l'unico leader in grado di cancellare Gorbaciov e farla finita con l'ultima grande menzogna, cioè la riformabilità del comunismo. Il 14 settembre 1989, Zucconi scrive uno dei pezzi più inquietanti della storia del giornalismo. Nel bel mezzo di una feroce campagna di denigrazione lanciata dal Pcus contro Eltsin, Zucconi ne diventa di colpo protagonista, raffigurando la speranza di tutti i russi, allora in visita negli Stati Uniti, come il peggiore di tutti gli uomini: «La notte americana...sa di bourbon, di dollari e di riflettori». Secondo Zucconi, il leader siberiano s'è fatto conoscere dagli americani soprattutto per aver ingollato nel corso di una sola serata un litro e mezzo di Jack Daniels, etichetta nera, cioè assai più di quanto basta per finire in coma etilico e, quindi, senza possibilità di scampo, morire. L'esagerazione da sola non reggerebbe, perciò bisogna condirla e contornarla di altri veleni. L'omone siberiano avversario di Gorby, da vero mascalzone, invece di utilizzare, come promesso, i dollari ricevuti per le conferenze a favore dei malati sovietici di Aids, secondo Zucconi, si è dato alla pazza gioia, allo shopping sfrenato, alle scarrozzate in Cadillac. Centinaia di migliaia di dollari — gliene davano 25 mila a conferenza — quindi, vengono tolti di bocca, secondo «Repubblica», a chi soffre e gettati nel pozzo senza fine di un nauseante bulimico di alcool, gadget e rock and roll. Solo alla fine della micidiale corrispondenza, Zucconi si lascia sfuggire le notazioni pro Kremlino, visto che contesta a Eltsin le profezie sulla fine del Pcus, peraltro rivelatesi, poi, puntuali («Gorbaciov resisterà sei mesi, un anno al massimo...»). La fucilata a mezzo stampa, evento più unico che raro, viene tradotta in russo e ripubblicata pari pari sull'organo ufficiale del Pcus, il 18 settembre 1989. Non si è mai saputo se nel ping pong tra 14 e 18 settembre siano intervenuti i potenti mezzi del Kgb, certo è che lo scandalo dell'asse Repubblica-Pravda costringerà, di lì a poco, Eugenio Scalfari a chiedere ufficialmente scusa a Eltsin. Uno dei suoi uomini, Krassikov, quando Boris era già presidente democraticamente eletto della Federazione russa, mi disse che con certi giornalisti bisogna comportarsi educatamente ma fermamente. Maestra di vita resta la dolce pedata che Karol Wojtyla diede al vaticanista di «Repubblica».

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