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Tajani: non solo rimpatri serve la lotta alla povertà

Antonio Tajani

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«I respingimenti sono solo il primo passo di una strategia di lotta all'immigrazione clandestina che ha come punto di snodo fondamentale la cooperazione tra l'Europa e i paesi africani per dare sviluppo economico e stabilità politica all'Africa». Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, condivide l'ottimismo del ministro Maroni sull'efficacia della strategia dei respingimenti e sottolinea anche l'azione svolta di concerto con la Libia da dove, appunto, ha origine una quota importante dei flussi migratori clandestini. Maroni si dice soddisfatto ma quanto possono durare i respingimenti? E poi, alla lunga, sono davvero così efficaci? «Con il tempo assisteremo sempre più a fenomeni di immigrazione clandestina. Vanno rafforzate tutte le iniziative come quella denominata Frontex che è un programma europeo per riaccompagnare i clandestini in patria. Va rafforzato anche il documento elaborato dal Commissario alla giustizia europeo Jacques Barrot approvato dalla Commissione Ue nel quale c'è una sezione dedicata all'immigrazione. Qui si parla appunto di collaborazione tra i Paesi». Vuol dire che l'Europa deve rivedere tutta la sua politica di cooperazione con i Paesi africani? «In un certo senso sì. Bisogna puntare allo sviluppo dell'Africa. Il 25 giugno presenterò alla Commissione europea una comunicazione sulle infrastrutture africane e sul ruolo che l'Europa può giocare in questo settore». Il problema dell'immigrazione richiede quindi risposte economiche? «Esattamente. Chi lascia il proprio Paese lo fa perchè spinto da una condizione di povertà ma spesso anche dalle turbolenze sociali legate all'instabilità politica. Per questo se l'emergenza si può affrontare con i respingimenti, nel medio-lungo periodo bisogna affrontare il problema economico dell'Africa». Questo vale anche per i rifugiati politici? «Per i rifugiati politici il discorso è un po' diverso. Se ne devono far carico tutti i Paesi europei non solo quelli dell'area mediterranea. Questo tema è all'ordine del giorno del Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi». Il rapporto con la Libia di Gheddafi approfondito con la visita a Roma del leader, è un aiuto nella lotta ai clandestini? «Certamente. La collaborazione con la Libia è soprattutto economica e di sviluppo. Gheddafi garantisce stabilità alla Libia e noi dobbiamo lavorare per garantire la stabilità per tutta Africa. Va ricordato infatti che Gheddafi è anche presidente dell'Unione africana. Il vertice romano ha chiuso il capitolo del contenzioso tra i due Paesi e avrà un risvolto positivo in tutta Europa. La Libia sarà la piattaforma per agevolare i rapporti con tutta l'Africa. Gheddafi ha fatto una grande apertura alle nostre imprese per la realizzazione delle infrastrutture». In che modo questi progetti influiranno sulla qualità dell'immigrazione? «A fine settembre e inizio ottobre a Napoli ci sarà una grande conferenza sulle reti transeuropee. È una iniziativa del ministero dei Trasporti di Matteoli e della Commissione Ue. Le reti transeuropee aprono le porte verso l'Africa. L'obiettivo è di ridurre i flussi migratori». Come mai in Italia a differenza della Spagna, la politica dei respingimenti ha incontrato così tante ostilità? «È stato tutto molto legato alla campagna elettorale». Ma anche la Chiesa si è detta contraria «La Chiesa aveva il timore che non fossero rispettati i diritti umani. Ma in questa normativa non c'è nulla in contrasto con le normative europee».

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