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«Un'opportunità enorme per l'Italia e le imprese»

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MuammarGheddafi scende la scaletta dell'aereo. Abbraccia il presidente del Consiglio Berlusconi e chiude un'era. «L'inizio della fine dei problemi», commenta Rita Di Meglio, docente di storia e civiltà del Vicino e Medio Oriente e grande conoscitrice delle questioni libiche. «Un'enorme opportunità per l'Italia e per le imprese che vogliono investire in Libia. Adesso - dice l'esperta - mi auguro ulteriori sviluppi positivi nei rapporti tra i due Paesi». Il Colonnello ieri, a testimonianza che il passato non scompare, esibiva sul petto la foto di Omar al-Mukhtar, eroe libico ucciso dagli italiani che guidò la rivolta anticoloniale tra il 1923 e il 1931. «Al-Mukhtar è stato senz'altro un eroe - spiega Di Meglio - il generale Graziani sbagliò a farlo impiccare. Ma non bisogna neanche dimenticare le cose buone fatte dall'Italia in Libia. Non trovo affatto gentile che si sia messo quella foto sul petto. Se è venuto per superare i problemi allora sarebbe bene che la smettesse di rivangare il passato e decidesse di superarlo una volta per tutte». Insomma, per l'esperta di Islam è giunto il momento di aprire una nuova epoca. Certo, le deportazioni e l'occupazione fascista non potranno essere dimenticate. Allo stesso modo non si potrà scordare il dramma dell'espulsione di ventimila italiani dalla Libia nel 1970. Ma oggi l'Italia ha chiesto scusa per i crimini commessi e Gheddaffi sabato incontrerà proprio gli italiani rimpatriati dalla Libia. Su questo punto Di Meglio ricorda come sia necessario e non più rinviabile un «giusto risarcimento» per gli esuli italiani. Ma aggiunge: «Non bisogna dimenticare le cose riprorevoli che l'Italia ha fatto in Libia e non può neanche restare offuscato il bene che abbiamo fatto in quel paese con la costruzione di scuole, strade e infrastrutture». L'esperta dice di aver visto un Gheddafi affettuoso con Berlusconi: «In genere è meno espansivo verso gli altri capi di Stato». Ricorda che il Colonnello è vicino anche al mondo cattolico. «Ha fatto le elementari assieme all'attuale vescovo di Tripoli Giovanni Martinelli, di cui è molto amico. È stato educato dalle suore per cui ha una grande simpatia». Una serie di affinità che sono state sfruttate al meglio dal presidente del Consiglio, che ha avuto il merito di raggiungere lo storico accordo del 30 agosto scorso: «Grazie al suo approccio amichevole è arrivato dove altri non sono stati capaci di arrivare». I benefici del patto di Bengasi stanno da entrambe le parti. «Noi non stiamo più sopportando l'arrivo in massa dei clandestini - spiega Di Meglio - e per le imprese italiane in Libia si apre una strada molto positiva. Nuove opportunità in campo petrolifero per l'Eni. Ricordo che la Libia sta pensando anche di entrare con una partecipazione di minoranza nell'Enel. E poi ci sono le infrastrutture. Le strade. La litoranea che si sta costruendo tra Bengasi e il confine con l'Egitto». In molti contestano il rispetto dei diritti civili e umani in Libia. Di Meglio non ritiene giusto sindacare su questi temi che rientrano «nei fatti interni di un Paese straniero». Ma ci sono punti in comune con i valori occidentali che non vanno dimenticati: «La Libia è un Paese all'avanguardia nel mondo islamico. Basta ricordare il ruolo della donna nella società che è molto evoluto per un paese islamico». Donne di cui «la guida della rivoluzione» si circonda in tutte le sue visite all'estero. Anche ieri, infatti, lo seguivano a poca distanza le sue guardie del corpo, le «amazzoni» vergini incaricate di sorvegliarlo 24 ore su 24. «Un fatto che mi colpisce ogni volta - racconta Di Meglio - e che non ha eguali nel mondo islamico».

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