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Pd, resa dei conti solo rinviata

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.Dopo i ballottaggi il Pd comincerà il percorso congressuale e, assicura il segretario, «ci sarà un confronto virtuoso di idee, ma mai più una litigiosità fine a se stessa». Insomma sbaglia chi descrive un Partito Democratico ad un passo dalla resa dei conti, a via del Nazareno non c'è mai stata tanta unità. Un'analisi forse troppo ottimista ma che, in parte, corrisponde alla realtà. Già perché il Pd che esce dalle urne è un partito in cui nessuno ha vinto. Pierluigi Bersani, ad esempio, ha visto la «sua» Piacenza passare nella mani del centrodestra. Non proprio un ottimo biglietto da visita per l'unico candidato ufficiale alla carica di segretario. Franceschini ha portato i Democratici al 26%, asticella minima di sopravvivenza, ma ha perso comunque 4 milioni di voti rispetto alle Politiche del 2008 e ha incassato una sonora sconfitta alle amministrative. Così pesante da dover ammettere che si tratta di un «risultato negativo». Massimo D'Alema ha sì eletto gran parte dei «suoi» candidati alle europee, ma ha dovuto registrare una flessione di consensi in Puglia con il comune di Bari che va al ballottaggio. E poi c'è il tracollo nelle zone rosse che, ovviamente, mette in discussione il progetto di chi, come gli ex Ds, vorrebbe un Pd a trazione socialista e ridà fiato agli ex Ppi che ultimamente sembravano in affanno. Così, la tregua chiesta da Franceschini alla vigilia delle elezioni, reggerà fino ai ballottaggi. Anche se non significa che, dopo il 21 giugno, tutto filerà liscio fino all'autunno. La resa dei conti è solo rinviata. Come spiega perfettamente Enrico Letta, l'uomo che in molti descrivono con un piede fuori da via del Nazareno ma che, vista la situazione, potrebbe tornare clamorosamente in auge. «Siamo sopravvissuti - scrive nel suo blog l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio - ma, tranne per la musata di Berlusconi, c'è poco da brindare. È un voto sul quale riflettere bene per pensare al futuro. Ma il 21 giugno, da Milano a Bari, ci giochiamo parte di questo futuro. Un'alternativa credibile, infatti, la costruiremo a partire da sindaci e amministratori». Non meno dura l'analisi di Pierluigi Castagnetti : «Dobbiamo affrontare di petto la realtà, il Paese non ci si fila, siamo completamente fuori dai giochi. Siamo sopravvissuti, è vero, ma ormai ci vota solo un elettorato residuale delle vecchie forze che hanno dato vita al Pd. Così si sopravvive, ma non si vince». Insomma, per ora la polvere è stata messa sotto il tappeto, ma prima o poi verrà fuori. E saranno dolori. Tanto che, mentre tutti si dichiarano impegnati per i ballottaggi, nelle stanze del Nazareno impazza il toto-segretario. La frenata del progetto socialista ha ridimensionato le ambizioni di Bersani e rilanciato le chance di Franceschini. Il segretario, però, continua ad assicurare, anche nelle conversazioni private, che lui non sta lavorando per il futuro ma per il presente. Salgono così le quotazioni di Enrico Letta che potrebbe rappresentare un ottimo ponte verso l'Udc. Anche perché queste elezioni hanno dimostrato che il Pd può vincere solo se si allea. Una cosa è certa: l'ultima parola su tutto l'avrà Massimo D'Alema, che è ormai tornato ad essere una presenza ingombrante all'interno del Pd. E lui, spiega chi lo consoce bene, non gioca mai una partita per essere messo in minoranza.

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