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I pezzi trovati non sono dell'Airbus

Aereo militare francese in ricognizione sull'Oceano per individuare i resti dellaereo Air France precipitato mentre era in volo tra Rio de Janeiro e Parigi

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Dopo la tragedia dell'Airbus con 228 passeggeri a bordo, l'Air France ha deciso di cambiare il nome del volo Rio de Janeiro-Parigi: sarà Af 445 anziché 447. La denominazione del volo sulla tratta inversa resterà Af 444. È l'unica notizia che arriva dall'inchiesta, che suona anche di cattivo gusto, tra scaramanzia e un'affrettata voglia di dimenticare. Difficile spiegarlo ai parenti dei 228 corpi adagiati in fondo al mare tra scatole e buchi neri. Sì, perché i rottami trovati nell'Atlantico non sono quelli dell'Airbus A330. A galleggiare miseramente sull'Oceano restano le meschine congetture giocate tra il parlare a vanvera ad alta voce e il parlar di soldi, sommessamente: visto che ipotesi terroristiche abbassano di molto gli indennizzi assicurativi. E salvano il buon nome dell'azienda costruttrice. Che in qualche modo non si sente del tutto a posto con la coscienza o, più semplcemente, teme di perdere (anche nel senso di non trovarlo nemmeno più) un altro aereo.  Così, sarà un caso che ieri il ministro della Difesa francese, Hervè Morin, abbia sottolineato con decisione come non si possa escludere l'attentato terroristico. E sarà un altro caso che Airbus, l'azienda costruttrice di aeromobili, abbia diramato sempre ieri un allerta ai piloti ricordando cosa fare quando gli indicatori di velocità forniscono dati divergenti. La nota è stata diffusa dopo che i responsabili francesi dell'inchiesta hanno confermato che sono state registrate «incongruenze» nei rilievi sulla velocità: i messaggi automatici inviati dal velivolo prima che scomparisse hanno rivelato, cioè, «incongruenze nelle diverse velocità misurate». In questa strana conduzione dell'inchiesta, la Procura di Parigi ha fatto sapere di aver avviato un'indagine per «omicidi colposi» nei confronti di ignoti, affidando la pratica a un magistrato donna, Sylvie Zimmerman. A margine, uno studio legale inglese - Stewarts Law - ha avviato una propria inchiesta ritenendo che nella vicenda ci sia un legame con un incidente avvenuto lo scorso ottobre sullo stesso tipo di aereo, appartenente all'australiana Qantas. Quell'aereo precipitò per 2.000 metri prima di effettuare un miracoloso atterraggio d'emergenza che ridusse i danni a una trentina di feriti. Airbus parlò allora di anomalie informatiche. Un bel modo per non far capire nulla. E c'è sconcerto vicino al dolore. L'aver scambiato pezzi di legno per relitti dell'Airbus ha offeso i familiari delle vittime, alcuni dei quali erano già arrivati nella zona del recupero appesi alla speranza di ritrovare qualcosa dei loro cari. Dominique Bussereau, sottosegretario ai Trasporti, ha parlato di «brutta notizia» e di necessità, più che mai, di mettere le mani sulle «scatole nere». Ieri la Francia - sempre per bocca del ministro Morin, ha deciso anche l'invio di un sottomarino nucleare per aiutare i mezzi già previsti per questa ardua impresa. E il Brasile? Il direttore dell'ufficio controllo dello spazio aereo brasiliano, Ramon Cardoso, ha dovuto fare una rapidissima marcia indietro rispetto a quanto aveva dichiarato giovedì: «Al momento nessuna parte dell'aereo è stata recuperata. Un pezzo inizialmente ritenuto parte del bagagliaio dell'Airbus 330 è risultato di legno, materiale che non è stato usato per costruire l'aereo. Quanto alla macchia presente sulla superficie dell'oceano, si tratta di olio, non di kerosene». Ovvero, potrebbe essere stata lasciata da un'imbarcazione mentre il pezzo metallico ritrovato sarebbe di una piccola imbarcazione abbandonata. E il salvagente arancione? Niente, era un galleggiante alla deriva. La ricerca del relitto dell'Airbus «va avanti», ha aggiunto Cardoso. Ma forse non c'era bisogno di dirlo. Infine, il Bea (l'ufficio inchieste incidenti aerei) ha fatto sapere da Parigi ieri mattina che in merito alla sparizione dell'Airbus è possibile confermare «la presenza, in prossimità della rotta prevista dell'aereo sull'Atlantico, di importanti cellule convettive caratteristiche delle regioni equatoriali», in pratica fenomeni di particolare violenza temporalesca. In ogni caso, il Bea invita ad «evitare qualsiasi frettolosa interpretazione o speculazione sulla base di informazioni parziali e non confermate». Meno male.

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