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Così saremo cittadini d'Europa

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Dall'altraRenato Brunetta, entrando a gamba tesa al Consiglio dei ministri, incassa il via libera dell'esecutivo al percorso parlamentare della legge delega sul lavoro pubblico che in 83 articoli prevede la riorganizzazione della macchina amministrativa. In un anno Brunetta ha dimezzato l'assenteismo nella pubblica amministrazione, ha rivoltato come un calzino la disciplina del rapporto di impiego pubblico e ha predisposto questo complesso schema di decreto delegato attuativo della riforma. In questi giorni un fuoco incrociato di sbarramento, ha messo a dura prova la sua tenacia. Sotto i colpi di mortaio provenienti sia dall'interno della maggioranza, sia dall'opposizione (e non solo dalle fila della Cgil), magari nascosti dietro al dito dell'opportunità sotto elezioni di aprire un fronte delicato, la riforma ha traballato. Ma Brunetta è andato avanti. È sicuramente il ministro più odiato dalle caste e dalle burocrazie sindacali e partitiche, ma è anche colui che sta dalla parte dei cittadini e da loro è effettivamente apprezzato. Bastava frequentare in questi giorni il Forum della Pubblica Amministrazione per esserne certi. E chi si aspettava delle reazioni durissime da parte dei sindacati quando Brunetta ha iniziato la sua campagna contro i fannulloni, ha finalmente capito che, in realtà, le potenti federazioni del pubblico impiego sono tristemente forti con i deboli (gli utenti) e deboli con i forti. Il ministro Brunetta ha sicuramente infiacchito un potere sindacale oggi straripante detenuto attraverso la contrattualizzazione del rapporto di lavoro. Ma oggi, finalmente, meritocrazia, disciplina, ripristino di una gerarchia fondata su di una dirigenza messa in grado di svolgere la propria funzione, sono, i principi cardine della sua riforma, che consentirà, anche attraverso il dialogo sociale nel Paese, di recuperare efficienza e competitività. E poi un tocco di classe internazionale: i dirigenti vincitori del concorso saranno tenuti a compiere un periodo di formazione di almeno sei mesi presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale. Finalmente superiamo l'autoreferenzialità e diventiamo cittadini d'Europa e del mondo. Alessandra Servidori

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