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Pd, battaglia Capitale

Walter Veltroni

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C'era una volta Walter Veltroni. Il Sindaco con la «s» maiuscola. Poteva piacere o no ma era lui a dettare la linea politica del centrosinistra romano. Erano tempi quelli (dal 2001 al 2008) in cui non si muoveva foglia che lui non volesse. Anche perché il sodalizio con il regista del modello Roma, cioè Goffredo Bettini, aveva di fatto rafforzato (e dotato di una filosofia) il «punto di vista» veltroniano. Se a questo si aggiunge l'incontrastata capacità comunicativa di Veltroni, si ottiene il mix vincente dei «moderati un po' di sinistra» che nel corso degli anni hanno folgorato anche insospettabili adepti di centrodestra. Ma tutte le favole finiscono. Questa non ha avuto l'epilogo previsto, quel «vissero felici e contenti» che avrebbe voluto dire «governo del Paese». Così, inevitabile, è cominciata la decadenza. Ne ha fatto le spese soprattutto quel Francesco Rutelli che aveva dato avvio, nel 1993, al rilancio della Capitale. Con la vittoria di Gianni Alemanno alle Comunali dello scorso anno, e le successive dimissioni di Veltroni dal vertice del partito, il Pd è rimasto senza guida. Adesso comandano tutti, cioè nessuno. A questo va aggiunto il distacco di Bettini da Veltroni, che si è consumato negli ultimi mesi. Il primo, ancora molto vicino ai Ds, nutre alcune perplessità nell'attuale segretario Franceschini, a differenza del secondo per cui l'ex esponente della Margherita ha una funzione di equilibrio (e di contenimento) nei confronti dei Ds. Al congresso di ottobre si ricomporrà il quadro. Intanto la battaglia tra le correnti è sempre più evidente. Dove non c'è leadership, non c'è partito. Né regole. Lo «sgarbo» di Acea è soltanto l'ultimo tassello. Nel cda della partecipata più importante del Campidoglio è stato inserito il candidato della minoranza del Pd, il dalemiano Andrea Péruzy, e non quello della maggioranza, il popolare Angelo Rughetti. Il Pd romano ci ha pure provato a mettersi d'accordo ma non c'è stato niente da fare. Alla fine c'è stato il blitz dei dalemiani. Un blitz che però rischia di diventare un boomerang per l'asse D'Alema-Letta. In aula Giulio Cesare, infatti, sono i veltroniani, i popolari e i rutelliani a dettare le regole. E i numeri ci sono. A fare il nome di Andrea Péruzy al sindaco Alemanno per il consiglio di amministrazione Acea è stato il capogruppo Pd in Consiglio comunale, Umberto Marroni, dalemiano doc. Ed è ora sulla sua testa che si prepara la resa dei conti all'interno del Pd. Almeno undici dei sedici consiglieri capitolini hanno già affilato le armi e attendono per domani la convocazione del gruppo da parte di Marroni con all'ordine del giorno le sue dimissioni. In caso contrario, sono disposti ad auto-convocarsi e presentare una mozione di sfiducia al proprio presidente. Una situazione sul filo del rasoio. Ad appoggiare il capogruppo ci sono il dalemiano Ozzimo e i tre lettiani, Stampete, Panecaldo e Smedile. Compreso Marroni sono cinque su sedici. Non è escluso però il colpo di scena: un accordo trasversale tra rutelliani e dalemiani che potrebbe far rientrare l'«assalto» al capogruppo, che avrebbe così i numeri per «sfidare» i consiglieri ribelli. Certamente questi sono solo i primi colpi di una battaglia che si consumerà nel congresso d'autunno. Da una parte l'asse veltroniani-popolari che regge da tempo il Partito democratico, dall'altra i dalemiani, alleati con i lettiani ma anche con i rutelliani. Proprio così. Finora Francesco Rutelli è stato alla finestra ma non ha intenzione di restarci. L'idea è quella di conquistare la segreteria del Pd nazionale e quella del Lazio, oggi del veltroniano Roberto Morassut. Non è un caso che il candidato rutelliano alle Europee, Guido Milana, abbia stretto un patto con quello dei dalemiani, Roberto Gualtieri, e abbiano stabilito una ventina di iniziative comuni. Avrebbero acquistato insieme anche il materiale elettorale. Un'alleanza «virtuosa» che potrebbe non solo salvare il capogruppo capitolino ma aprire uno scenario completamente inedito. Ma non sarà facile. Il gruppo di Bettini avrà un ruolo rilevante e, probabilmente, finirà per allearsi con i dalemiani-rutelliani anche se il blitz di Marroni ha raffredato i rapporti. Un'altra partita decisiva si giocherà tra i popolari, vicini a Franco Marini e a Giuseppe Fioroni. Almeno una parte di ex democristiani, insoddisfatta delle decisioni del Pd, potrebbe cedere alle sirene dell'Udc che, con il Partito della Nazione, ha già messo le carte in tavola, puntando alla costituzione di un nuovo grande partito di centro.

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