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Sicurezza, mercoledì la fiducia. Il Pd attacca: leggi razziali

Roberto Maroni

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Questa volta la Lega non vuole correre rischi e così il consiglio dei ministri ha dato il via libera alla fiducia sul ddl sicurezza. Scongiurata in questo modo la possibilità che per la terza volta qualche "franco tiratore" all'interno della maggioranza, protetto dall'anonimato del voto segreto, riuscisse a far bocciare la legge. Ipotesi quanto mai plausibile dato che, nella stessa mattinata di ieri, proprio grazie al voto segreto, alcuni deputati di maggioranza hanno permesso la bocciatura dell'emendamento sostenuto dal governo al trattato di Prum che chiariva per quali reati sarebbe stato possibile il ricorso al prelievo forzoso del Dna, escludendo i reati fiscali, societari e bancari. La discussione, una volta data per certa la fiducia, si è spostata sulla definizione dell'agenda politica che permetterà il voto definitivo del disegno di legge. Nonostante le pressioni della Lega, «siamo pronti a votarla già domani (oggi, ndr) - proponeva il ministro Maroni - anche perché se il voto di fiducia sarà rinviato di una settimana torneranno a piede libero circa 250 clandestini», la conferenza dei capigruppo della Camera ha optato per uno slittamento: la fiducia sui tre maxiemendamenti al disegno di legge verrà infatti posta martedì della prossima settimana per essere votata mercoledì. Previsto invece per giovedì 14 maggio, con diretta televisiva, il voto finale sul provvedimento. Decisione che, se il presidente dei deputati della Lega, Roberto Cota, imputa «alla burocrazia parlamentare», qualche esponente della maggioranza giustifica ricordando che molti deputati non sarebbero stati presenti oggi in Aula perché impegnati nella presentazione delle liste per le elezioni amministrative. L'opposizione invece s'infiamma. Il segretario del Partito democratico, Dario Franceschini, prima critica il ricorso alla fiducia, «devono tenere la maggioranza con la forza. Se non c'è la fiducia, la maggioranza va immediatamemnte sotto», poi tuona rievocando lo spettro delle leggi razziali emanate in Italia tra il 5 Settembre 1938 e il 29 Giugno 1939: «È immorale usare la domanda legittima di sicurezza per tornare 70 anni dopo alle leggi razziali nel nostro Paese. Abbiamo già vissuto un momento in questo Paese in cui i bambini venivano cacciati dalla scuola per la loro religione. Ci opporremo in tutti i modi. Adesso è il momento di alzare la voce contro la destra più brutta e becera che c'è in giro». Immediata la replica da parte del Pdl. «Strumentalizzare e banalizzare i drammi della storia è il contributo più grande che si possa dare al razzismo - tuona Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl, e continua - il segretario del Pd non solo sa bene che la norma sui presidi prevedeva tutt'altro, ma sa anche che è stata tolta dal provvedimento sulla sicurezza». Ancora più furioso è il ministro per l'Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi: «Ma non scherziamo! Davvero Franceschini pensa di poter condurre una campagna elettorale seguendo un filone inesistente? L'accusa di razzismo che rivolge al governo è davvero fantasiosa». Parole condivise anche da Andrea Ronchi, ministro per le politiche Europee: «Le parole del segretario del Pd sono preoccupanti. Un conto è non avere una linea politica, altra cosa è offendere la coscienza degli italiani. Farebbe bene a vergognarsi». Accuse che portano lo stesso Franceschini a replicare: «Ho visto che c'è stata una grande reazione a quello che ho detto, una cosa scontata anche se dura. C'è stata un'altra stagione in cui i bambini venivano allontanati da scuola perché di religione diversa: quella delle leggi razziali. Non vorrei che, anche inconsapevolmente, si tornasse indietro nel tempo».

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