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Il Papa da Onna a Coppito «Con voi dal primo giorno»

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InAbruzzo seduto accanto, per un breve tratto, a un autista d'eccezione, Bertolaso, nel giorno della pubblicazione del decreto varato dal governo che, approvata l'Ordinanza della Protezione civile, diventerà operativo entro una quindicina di giorni. Con la conseguenza che i colpiti dal terremoto del 6 aprile potranno accedere ai primi finanziamenti. In Abruzzo in un giorno di pioggia che smette di sferzare ogni volta che passa il Papa. A ogni tappa di un viaggio che si inizia in silenzio a Onna e si conclude con i canti e gli abbracci di Coppito. A Onna cade acqua fredda. La ghiaia fa fatica a tenere a freno il fango. La scarsa visibilità fa cambiare il programma della visita di Ratzinger in Abruzzo. Il Papa non parte da Roma in elicottero, arriva in macchina. La tenda della mensa era stata preparata dalle suore e dal parroco, Cesare Cardozo, con un Cristo risorto donato, proprio ieri mattina, da una famiglia rimasta orfana di due figlie, e pezzi di tabernacolo della chiesa crollata. All'ingresso una croce e due piante di ortensie appena azzurre. Giunge il contrordine. Il Papa (pioggia o non pioggia) parlerà davanti alla tendopoli nel paese simbolo della distruzione. Gli abruzzesi arrivano in piccoli gruppi vestiti come da giorni. Tute, felpe, giacche a vento. Le mani in tasca, la testa bassa. Stanchi del via vai. Desiderosi di riprendere la vita di sempre, partendo dalla ricostruzione delle proprie case. Il Papa arriva. Accoccolato sul sedile posteriore della sua auto. In un silenzio profondo. Non un applauso, non un fazzoletto che sventola. Un piccolo cerchio di persone affrante dentro sorridenti in volto circonda lui, il vescovo, il parroco, il capo della Protezione civile, Bertolaso, e il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta. Non c'è cerimoniale apparente. Il silenzio è quello di una chiesa, custodisce gesti di tenera accoglienza, le mani delle suore, i calli dei contadini, la commozione di uno degli abitanti, Angelo Esposito Ferraro, che per un attimo riesce a dimenticare il dolore e la paura: «Ho stretto la mano al Papa, lui ha messo le mie fra le sue. Ho provato una emozione che non so descrivere, spero che il Signore benedica tutti quanti». Arriva il discorso ufficiale, la voce di Ratzinger è forte e chiara. «Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti... Ecco - dice papa Benedetto - la mia presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso è risorto e non vi abbandona; non lascia inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto. Certo la sua risposta concreta passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all'emergenza iniziale, ma deve diventare progetto stabile e concreto nel tempo. Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano». Questa è la risposta che gli abruzzesi s'aspettano. Questa è la risposta alla domanda del parroco di Onna e dell'arcivescovo de L'Aquila, Giuseppe Molinari. Il primo ha chiesto al Papa di pregare sulle promesse sincere fatte nel momento dell'emergenza. Il secondo, parlando nel cortile della scuola della Guardia di Finanza di Coppito (L'Aquila), lo stesso nel quale si sono svolti i funerali con le bare in tremenda fila, non ha usato parafrasi per augurarsi «che nessuna divisione possa ostacolare la ripresa dell'Abruzzo e del suo capoluogo. Che la solidarietà continui nel tempo, non si infranga in piccoli intoppi di parte. Ogni più piccola forma di ostruzionismo sarebbe un delitto infame che gli abruzzesi non perdonerebbero mai. L'Aquila o risorge ora - ha sottolineato - o non risorge più». A Coppito il Papa si dice convinto che la città tornerà a volare «a condizione di fare un serio esame di coscienza, affinché il livello di responsabilità, in ogni momento non venga mai meno». Questa la concretezza del Papa in un incontro con gli abruzzesi che avrebbero voluto per lui una festa nel Giubileo di Celestino del 28 agosto, come ha ricordato il sindaco de L'Aquila. Il destino ha voluto un altro palco, dimesso. È mancata la folla e sottile è passata fra l'asfalto di montagna bloccato al suo passaggio la delusione di non vedere il Papa camminare fra le tende, in ogni tendopoli. Come se una visita così vissuta avesse potuto essere baluardo alla dimenticanza, un po' a rievocare Pio XII fra le macerie di Roma bombardata. Il Papa ha scelto un'altra simbologia. Preghiere in latino, un continuo riferimento all'amore di Dio che rivela i suoi piani a chi si dispone ad ascoltare. Il Padre Nostro a Onna, l'inchino alla miracolosa Madonna di Roio a Coppito e l'omaggio a Lei di una rosa d'oro. Per lui un pubblico di fedeli, neocatecumenali soprattutto, a cui il terremoto ha potuto cambiare la vita non solo perché hanno perso tutto o qualcosa, ma perché il senso di precarietà che ne è derivato, ha dato valore maggiore alla vita e al suo significato. Come narra la storia di un padre che aveva preparato il matrimonio di sua figlia alla Basilica di Collemaggio. Per lei aveva adornato la casa de L'Aquila, per lei aveva previsto una cerimonia da sogno. Poi la terra tremante s'è portata via tutto, ma non gli sposi. È rimasto un matrimonio semplice in un'altra città e la convinzione «che ora guarderò per sempre la vita da tutto un altro punto di vista, la precarietà che diventa esistenza degna, solo se è fatta la volontà di Dio». Tra i fedeli che aspettano e salutano il Papa piangono i soldati di commozione e una coppia di fidanzati s'abbraccia assorta. Quando le parole si fanno troppo forti per un amore terreno lui le accarezza un seno. Il Papa parla della Madonna e dei miracoli che non farà mancare. Gira per la piazza un uomo che ha perso due case a L'Aquila. Passeggia nervoso. È venuto perché c'era il Papa, ma «sono stordito. Penso a quelle case che avevo e che non ho più e che non so quando potrò ricostruire. Per fortuna ne ho un'altra in montagna che ha retto. Ma sono confuso». Si tocca la testa. S'allontana. Parla di speranza e della sua comunità di neocatecomunali un uomo che ha i fgli in tenda da una parte e gli altri parenti in albergo al mare. «Oggi sono felice, le parole del Papa e la mia esperienza di fede mi danno la forza». Chiama il suo catechista, Marco di Masciano S. Angelo che sorride e lo consola per quello che non ha e per quello che forse troverà. Il Papa abbraccia uomini e donne in sedia a rotelle. La via crucis di tre ore in Abruzzo sta per finire. Tre ragazze filippine rompono ogni protocollo e abbracciano a ripetizione il Papa tedesco. Lo stringono e piangono. Le voci dei canti salgono, il piazzale di Coppito comincia a svuotarsi. Un altro giorno se ne sta andando. Ora che anche il Papa è venuto ed è partito, ogni cerimonia può dirsi conclusa. Oggi sarà ancora brutto tempo. In montagna nevica un po'.

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