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Referendum, Maroni sonda il Pd che apre al rinvio al 2010

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Laproposta, nonostante il titolare del Viminale tenga le carte coperte, sarebbe quella di abbinarlo al ballottaggio del 21 giugno, anche se il Cdm che si terrà a L'Aquila venerdì non potrà che indicare come data quella del 14 giugno, essendo poi necessario un decreto o un ddl per allungare i tempi al 21. Ma a complicare la partita arriva l'apertura del Pd che in una nota offre una «disponibilità allo slittamento al 2010 con la condizione, giuridicamente e politicamente irrinunciabile, che ci sia il necessario e preventivo assenso dei promotori». A Franceschini, si ribadisce comunque, è stata posta al momento solo un'alternativa secca tra il 14 ed il 21 giugno. E mai uno slittamento al 2010 sul quale, dice, «i più autorevoli esponenti della maggioranza e del governo dicono quotidianamente cose diverse tra loro». Comunque, per «ottenere un risparmio minore» di quello che si sarebbe potuto avere con l'election day del 7, ma comunque «significativo», il Pd si dice disponibile al 21. Al puzzle che porterà alla decisione finale mancano, però, ancora diverse tessere. C'è da capire come andranno i consueti contatti del lunedì tra il premier Silvio Berlusconi e il Carroccio, indisponibile al «congelamento» di un anno del referendum. C'è da vedere la posizione che assumeranno i referendari. Giovanni Guzzetta, presidente del comitato, non si pronuncia sulla questione, visto che «nessuna proposta ufficiale ci è stata finora avanzata» e insiste nel chiedere un incontro con il presidente del Consiglio e con il ministro dell'Interno. Anche se, pure nel comitato, c'è chi non esclude il rinvio. A patto che si indichi una «road map blindata» da qui al 2010.

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