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Bravo Franceschini il moralista! È vero: che vergogna il centrodestra che si riunisce a casa Berlusconi per discutere di nomine Rai.

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Altrostile quando i generali del centrosinistra si riunivano non nelle abitazioni private, all'ombra di quadri antichi e stucchi d'epoca, ma nelle sedi dei loro partiti per decidere i destini del servizio pubblico radiotelevisivo sotto bandiere rosse, margherite e querce variopinte o busti di Karl Marx. Allora sì che era tutta un'altra cosa! Battute a parte gli attacchi di Franceschini sono degni del migliore cabaret di Zelig. Ho sempre provato fastidio per i moralisti, pensando - cristianamente - che troppo spesso chi scaglia pietre sugli altri in genere ha qualcosa da nascondere. Oggi ne sono ancora più convinto. È sempre la stessa storia: la sinistra premia il merito, gli altri fanno clientela. Ricordo quando, vincendo una borsa di studio, entrai in Rai: io ero un democristiano raccomandato, i colleghi del Tg3, che casualmente erano figli di dirigenti e parlamentari comunisti, erano invece stati selezionati per le loro alte qualità professionali. La sinistra ha un vizio capitale, quello del doppiopesismo e di un rivoltante strabismo politico: per dirla con il Vangelo riesce sempre a vedere la pagliuzza negli occhi degli altri e mai la trave nei propri. Da giornalista Rai (oggi in aspettativa), che guarda alla sua azienda con profonda nostalgia, ma anche con la lucidità di ricordi che il distacco comporta, devo dire che in azienda non c'è mai stato nulla di più efficiente del controllo militare che la sinistra ha saputo sempre esercitare, attraverso una triangolazione con il sindacato e i giornali amici. Chi non la pensava come loro, poteva aspettarsi di tutto. Se fosse possibile pubblicare i tabulati telefonici di tante direzioni di testata Rai, sono sicuro che emergerebbe un traffico intenso con le segreterie dei partiti di sinistra, soprattutto in concomitanza di tornate di nomine. Insomma, la sinistra non ha alcun diritto di parlare. Al contrario dovrebbe avere il pudore di tacere non solo per aver lottizzato - quando poteva - ogni angolo dell'azienda, ma anche per aver coniato, quando era al governo, una serie di formule assurde come la divisione del «panino» politico dei Tg in tre parti (una al governo, una alla maggioranza, una all'opposizione) che - di fatto - significava dare due terzi degli spazi alla maggioranza di centrosinistra e uno solo all'opposizione di centrodestra. L'occasione che la sinistra potrebbe cogliere, invece, è un'altra: evitando di vestire i ridicoli panni del censore che ha l'armadio pieno di scheletri, rendersi disponibile a un radicale cambio di metodo per passare anche in Rai, come ha ricordato Montezemolo nell'ultimo vertice di Confindustria, «ad una concezione del merito come una virtù pubblica». Un salto di qualità difficile ma sempre più necessario.

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