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La sinistra torna al passato

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Quello di Veltroni, quello che aveva aperto una nuova stagione della politica non più basata sulla necessità di considerare gli avversari politici dei nemici da abbattere.  Dimenticato, ripudiato anche il Pd del 25 ottobre scorso, quello che era sceso in piazza proprio al Circo Massimo. Buttato nel cestino con un clic. Oggi il Pd è quello raffigurato nella vignetta di Giannelli sul Corriere di ieri: il segretario portato sotto braccio da Bersani e D'Alema. È un altro centrosinistra. E lo si capisce da subito. Il palco che allora Veltroni volle quasi a metà della grande vasca tra il Palatino e l'Aventino, stavolta è stato collocato in fondo. Niente più palco tra la gente ma la vecchia struttura in alto e distante dalle prime file. Niente più effetti scenici. La Cgil voleva dare una prova di forza. Anche fisica. Basta con la politica di plastica, basta esigenze televisive prima di tutto, niente più immagini di sfondo da rivista di viaggi come le cartoline d'Italia da Assisi alle colline toscane. No, il sindacato torna a dettare la linea. Con un salto all'indietro di sette anni: il riferimento culturale è la manifestazione del marzo 2002 sempre al Circo Massimo voluta da Cofferati, due giorni dopo l'omicidio di Marco Biagi. Il sindacato detta la linea, il partito esegue. E la linea prescrive unità della sinistra, già Casini è fuori da questo schema: se lo ripigli il Cavaliere. Ecco, Berlusconi. Torna a campeggiare sugli striscioni. Qualcuno contro la Gelmini, qualcosa contro Brunetta. Ma soprattutto lui, Silvio. Il mostro. Il cattivo. Quello che l'Italia va a rotoli e lui se la ride. Lo sporco. E naturalmente anche il fascista. Eccola lì, l'accusa che non si sentiva più. Aridaje. Lo dice l'operaio di Pomigliano in cassa integrazione quando accusa la polizia del governo fascista che li ha picchiati mentre protestavano; protesta che consisteva nel blocco dell'autostrada ma questo non lo si dice. Epifani non lo nomina per tutta la mattinata. Ma un'ora e mezza dopo, sullo stesso palco, gli basta citare «il presidente del Consiglio» perché dalla folla si levi un coro di fischi e annesso coretto «buffone, buffone». In mezzo ci sono i cortei. E c'è il cartellone con Rocco Siffredi e la scritta: «Si è fatto 200mila donne» e a fianco Berlusconi con la didascalia «L'ha messo nel... a 16 milioni di italiani». Non manca il richiamo alla resistenza, altro cartellone: «Una mattina, mi son svegliato, e ho trovato il Berluscon...». Uno striscione: «Berlusconi, con l'ottimismo non si mangia». Quello che non ha dubbi: «Berlusconi porta sfiga». Quello sorridente: «Il ghigno del male». Quello scolastico: «Berlusconi, 5 in condotta: bocciato». Quello culinario: «Il cuoco Berlusconi sta cucinando gli italiani». Il Che. Le magliette di Che Guevara. Le bandiere di Che Guevara. Gli striscioni di Che Guevara. Il medico siciliano che parla dal palco conclude gridando: «Hasta la victoria siempre». Guerriglieri, rivolta sociale, battaglia. È una sinistra che sembra distante anni luce da quella post Prodi. Il Pd va solo a ruota. Franceschini si fa il suo pezzo di corteo mentre Veltroni da leader del partito non aveva mai voluto scendere in piazza con il sindacato. Comanda Bersani. O Fassino. È un Pd che si fa indicare dal sindacato la strada, dove deve ora inseguire Antonio Di Pietro nella gara a chi la spara più grossa contro il Cavaliere. È una piazza dove non si vedono bandiere bianche con il simbolo tricolore del partito. O se ne vedono, sporadicamente. Qualcuna in mezzo a quella selva di bandiere rosse. È la piazza che sancisce la ricomposizione di tutta la sinistra unita, quella che va appunto da Franceschini a Fidel Castro. Ricompaiono volti che sembravano svaniti. Sbattuti fuori dal Parlamento dagli elettori. Al popolo della sinistra piace anche se al vertice rischia già di sfuggire di mano. Se ne rende conto pure Massimo D'Alema, l'ultimo big ad andare via, che viene fermato mentre raggiunge l'auto da uno che gli urla contro: «Fai qualcosa tu, Massimo. Quello davvero arriva al 51%. Noi che altro dobbiamo fare? Mettere le bombe?». L'ex premier si spaventa, si imbarazza, prova a sdrammatizzare: «Qui c'abbiamo anche il bombarolo», e gli dà un buffetto. La miccia è accesa. L'hanno accesa. E ora?

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