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La nuova Repubblica nasce oggi

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Lo ha confermato nel suo discorso di venerdi, quando ha analizzato a 360° le ragioni che già fanno del PdL un grande partito storico; anzi, un partito che ha già mutato la storia del nostro Paese, spingendolo a tornare grande. Partiti siffatti ne abbiamo avuti pochi; si contano sulle dita di una mano o poco più. Il Partito liberale che, con i principi d'eguaglianza e libertà, ha superato l'assolutismo monarchico. Il Partito Socialista che, assieme al Partito Popolare, ha avviato lo stato liberale verso quello sociale. I partiti antifascisti che hanno guidato l'Italia contro il fascismo e nella guerra di liberazione fino alla Costituzione repubblicana. La Democrazia Cristiana che ha svolto la missione di ricompattare e ricostruire lo Stato e il Psi di Craxi che ha tentato il rinnovo della morta gora della politica cattocomunista post sessantottina. Non a caso Berlusconi si è richiamato a Sturzo, De Gasperi e Bettino. Il PdL nasce oggi perché oggi si è conclusa la messa a fuoco dei valori politico-istituzionali sottostanti la ribellione del 1994 contro l'occupazione del potere da parte degli eredi del comunismo. Anche con il contributo di un manipolo di studiosi liberi ma isolati dalle cattedrali della kultura di sinistra, la sua classe politica ha oggi definitivamente sancito la coerenza dei suoi valori, tanto tra le sue componenti interne (da FI a AN e anche alla Lega), tanto con la Costituzione. Oggi è il portatore unico di valori e interessi che può farci uscire dal vicolo cieco in cui siamo finiti a causa degli eccessi marxisti-populisti con cui la Costituzione è stata attuata: il classismo con cui è stato distorto lo stato sociale, lo statalismo clientelare e lassista che ha impedito di realizzare un rigoroso welfare, la difesa accordata alle sacche di privilegio del mondo dell'economia e del lavoro. Il grande patrimonio del PdL è dunque la limpidezza dello sguardo con il quale, grazie alle varie componenti, esso legge la Costituzione repubblicana e la interpreta. Il modo con cui applica in termini non di classe, bensì di progresso individuale, il principio di eguaglianza sostanziale. Il modo con cui vuole coordinare in maniera equilibrata le esigenze di tutela dei lavoratori e dei disoccupati con quelle dello sviluppo e della produzione, nel rispetto delle regole del mercato e della flessibilità del lavoro. La visione concreta che esso ha del limitato ruolo dello Stato nell'economia e della necessaria riduzione dei costi dovuti all'eccesso di apparati pubblici che impediscono di ridurre il deficit, che condizionano lo sviluppo e che spingono sulla pressione fiscale. La sua pretesa a una giustizia giusta e rapida e alla certezza della pena. In conclusione: la volontà di ritornare alla vera Costituzione. Tutto questo non fa del PdL un partito riformista, bensì un partito rivoluzionario nella più piena continuità costituzionale svecchiando la mentalità di un popolo ormai fermo e restituendo dignità alla sua Costituzione. Un partito che non può non pretendere il sostegno della maggioranza assoluta ed oltre degli italiani per arrivare alla Nuova Repubblica. Non sorprende l'intelligenza del discorso di Fini che è subito entrato in medias res, parlando di temi concreti dell'azione di partito. La grandezza dei valori comuni vieta nostalgie e sterili confronti che si fondino sulla distinzione tra i preesistenti partiti. Né sorprende il disinteresse verso i partiti dello schieramento di sinistra che, hanno trasformato l'Italia in un ammasso consociativo ingovernabile e che non hanno ragione d'essere né possono seriamente proporsi come suoi riformatori. D'altronde la sinistra estrema vorrebbe perfino aggravare l'attuale vischioso sistema, mentre le forze raccolte nel Pd, che si auto-dichiarano riformiste sono, come ha rilevato Berlusconi, ancora ostinatamente stataliste e legate alle logiche del conservatorismo sindacale. L'unica macchia negativa del nuovo quadro? La nullità dell'opposizione.

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