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Non è Fini a dire cose di sinistra, è la gauche che s'è contaminata

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Le battaglie della destra sono entrate nel patrimonio comune del Paese. La Patria, il Tricolore, i militari italiani all'estero. E poi il bisogno di sicurezza, l'ordine e la legalità. Ma c'è una bandiera che proprio Fini, anche in virtù del ruolo che ricopre, ha cominciato a sventolare con maggiore vigore: la difesa delle istituzioni. Il rispetto del Parlamento. Il senso dello Stato. Il bisogno di consentire a tutti di avere la parola. Permettere a tutti di esprimersi. Di esprimere le proprie idee. Sono le battaglie della destra, della destra storica. La destra è continuità, c'è un prima e un dopo. Per questo la difesa delle istituzioni. Sarebbe ridicolo fare ora il lungo elenco di pensatori di questo mondo che hanno creato la struttura ideale del filone «istituzionale». Non sarebbe questa la sede. Ci limitiamo a citare lo stesso che pochi giorni fa ha citato lo stesso Fini: Almirante. Il quale, oltre un quarto di secolo fa, accompagnandolo nel suo primo ingresso in Parlamento, gli spiegò l'importanza della «democrazia parlamentare». D'altro canto fu proprio lo storico leader a battersi con tutte le sue forze, anche a rischio fisico, per fare in modo di «parlamentarizzare» la destra, a tenerla dentro i confini istituzionali, a condurre le battaglie da dentro e non da fuori. Già nelle tesi di Bologna 2002 si pensò di inserire un capitolo sulla difesa dello Stato. Si preferì soprassedere e aggiungere solo un riferimento più vago. Era ancora la destra che si doveva accreditare, dimostrare di essere costituzionalmente ineccepibile e pertanto evitare possibili incomprensioni. Nel 2009 l'Italia è cambiata, il mondo è cambiato. Oggi il Fini presidente della Camera si batte per la difesa delle istituzioni. E la sua vittoria più grande è che a sinistra lo riconoscano come vicino, quasi come prossimo. Significa che le battaglie della destra non solo hanno fatto breccia. Non solo hanno contaminato il centrodestra, ma hanno fatto sbocciare un nuovo senso dello Stato persino nell'italica gauche. Certo, c'è chi ne fa un uso anche strumentale in funzione antiberlusconiana. Certo, c'è chi usa questo Fini per candidarlo alla presidenza della Repubblica per sbarrare la strada ad altri pretendenti. Tutto ovvio. Ma se i convegni del Pd devono iniziare adesso rigorosamente con l'inno nazionale così come avvenuto per qualunque manifestazione della destra italiana da sessant'anni a questa parte vuol dire che An ha svolto una fuzione storica, che è andata oltre anche i tentativi dei suoi promotori. La destra ha perso tutte le «guerre delle parole». Ma ha vinto alcune battaglie per i valori che hanno cambiato l'Italia. Fabrizio dell'Orefice

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