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An si scioglie, senza drammi

Il palco del Congresso di An

Fini: "Pdl, no al pensiero unico"

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{{IMG_SX}} «Vivi come se tu dovessi morire domani, pensa come se non dovessi morire mai». La platea della Nuova Fiera di Roma si alza in piedi. Gli occhi si fanno rossi e lucidi. Le parole di Giorgio Almirante, trasmesse in un video ad apertura del terzo ed ultimo congresso di Alleanza nazionale, trasformano il clima in sala. Scoppia un fragoroso applauso. La voce che da fuori campo lo definisce «l'uomo che immaginò il futuro» suscita la reazione di un giovane ragazzo: «Grande Giorgio». E se il Pdl lo esclude dal suo pantheon, i 1500 delegati all'assemblea (e 300 invitati) ce lo inseriscono per acclamazione, e sarà così tutte le volte che il suo nome viene evocato. Sul palco sale Emanuele. Un ragazzino di 14 anni, giovane iscritto di Azione Giovani. A lui, nato lo stesso anno del Congresso di Fiuggi, il compito di testimoniare la continuità delle generazioni della destra italiana. Un gesto simbolico che attira la curiosità di tutti, dal presidente della Camera Gianfranco Fini che siede in prima fila, fino ai dirigenti nazionali che invece gestiscono i lavori direttamente dal palco. «A Fiuggi - dice il ragazzo - An ha avviato una riflessione coraggiosa sulle luci e le ombre della sua storia. A 15 anni di distanza, la destra, alleata di Forza Italia, ha realizzato la sua missione. Adesso può nascere il partito degli italiani che hanno sempre pensato: «Si può dare di più». È Enrico Ruggeri a intonare, accompagnato dal coro Juvenes cantorum di Corato in provincia di Bari, la canzone che vinse Sanremo nel 1987. «Dichiaro aperto il terzo congresso di Alleanza nazionale» avverte una voce. Subito dopo l'esecuzione dell'inno di Mameli, Ignazio La Russa, reggente del partito da quando, 11 maggio 2008, Fini ne lasciò la presidenza, prende la parola e nomina il presidente del congresso. Lui è Franco Servello. La Russa lo definisce «l'uomo che ha compiuto tutto il percorso della destra italiana dal dopoguerra». Ha 88 anni e il messaggio che lancia alla platea è ben chiaro: «Siamo e saremo la stessa gente di sempre». Ora il testimone è tutto nelle mani di La Russa. L'emozione sale. «Quello di oggi non è un congresso di chiusura ma di nascita e ripartenza», spiega il ministro. Rassicura che An entrerà nel Pdl «con tutta la sua storia, con i suoi uomini, le sue donne, i suoi valori. In una parola con la sua identità». E se a Fiuggi «cominciammo un cammino del tutto nuovo. Oggi, con Forza Italia, creiamo un partito a lungo atteso che è destinato, a nostro avviso, a raccogliere i consensi di oltre il 40% degli italiani». E proprio per questo, nei pensieri del reggenti di An, «non ci può essere il pensiero unico ma il Pdl deve essere un partito multidentitario». Gli piace definire gli amici di Forza Italia «gemelli, magari non monozigoti». Ricorda che in 15 anni «non c'è stata una sola occasione in cui ci siamo divisi e abbiamo dato vita ad altre coalizioni». Solo «quando fu dato l'annuncio (la nascita del Pdl, ndr) a Piazza San Babila ci furono delle tensioni. An non era destinata obbligatoriamente al partito unico e non esitammo a manifestare la nostra contrarietà». Poi però le cose hanno preso un'altra piega. La Russa rivela un aneddoto: «Il destino aveva voluto che la mamma di Gianfranco e la mamma di Silvio venissero a mancare praticamente nello stesso giorno. In quei momenti un uomo dà il meglio di sè stesso, è capace di compiere il massimo atto d'amore. E Gianfranco si recò da Silvio e diede vita al percorso del Pdl». E l'elogio continua subito dopo quando ricorda che «un uomo di destra, se ricopre un ruolo istituzionale, lo fa senza discussioni, senza cedimenti, senza compromessi» giustificando in questo modo le posizioni non sempre allineate di Fini con quelle del premier. L'intervento continua poi con un riconoscimento politico a Walter Veltroni per aver lanciato «la sfida della semplificazione del quadro politico». Purtroppo la loro scelta dettata da uno «stato di necessità», è diversa da quella del Pdl che è «libera» e promossa «a pieni voti» dall'elettorato. Un monito l'ha riservato anche alla Lega: «Non ci sarà nulla di male se il Pdl dovrà darsi una strategia di sana competizione con loro», sottolineando il fatto che, ad esempio, le ronde non «sarebbero mai passate se la Lega non avesse accettato la nostra pretesa che fossero decise insieme dal prefetto e dal sindaco, valutato dal comitato provinciale per la sicurezza e composte in prevalenza da ex carabinieri e appartenenti alle forze dell'ordine». Nella ripresa pomeridiana tocca ad Adolfo Urso ricordare come «il Pdl non nasce sul predellino» di San Babila, ma «nel settembre 1993 quando la destra si aprì alla società e alle imprese». Parole di plauso arrivano dal presidente del Senato, Renato Schifani: «An darà un contributo essenziale e prezioso» alla nascita del Pdl, riconoscendo a Fini il merito di aver saputo imprimere una direzione chiara verso una destra «liberale, pragmatica, nazionale ed europeista». Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, si appella inveca a Filippo Tommaso Marinetti, per rassicurare i militanti che ancora guardano con sospetto alla confluenza nella casa comune del Pdl: «Dritti sulla cima del mondo noi lanciamo ancora una volta la nostra sfida alle stelle». Senza dimenticare gli amici del Fronte della Gioventù e ai «ragazzi ai quali la violenza degli anni di piombo non ha permesso di diventare uomini».

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