
Caffarella, presi gli stupratori

Grazie a un'intercettazione telefonica. Stavolta non ci sono errori, non c'è stata fretta: i due fermati dalla polizia e arrestati per lo stupro alla Caffarella, a Roma, sono sicuramente loro, i test del Dna sono stati eseguiti e hanno dato esito positivo. Si tratta di due romeni originari di Calarasi: Jean Alexandru Ionut, 18 anni, incensurato, ora detenuto a Regina Coeli, e Gavrilia Oltean, di 27, con un precedente per ricettazione, rinchiuso nel carcere di Trieste. Sono loro i due aggressori che la sera di San Valentino hanno violentato una ragazzina di 14 anni e picchiato il suo ragazzo di 16. I fidanzatini l'altra sera hanno visto le foto dei fermati e li hanno riconosciuti. I romeni somigliano ai primi connazionali indagati per questa brutta storia, il «biondino» Alexandru Isztoika Loyos molto simile a Gavrilia, e «faccia da pugile» Karol Racz con caratteri somatici in comune a Ionut. Nella Capitale, dopo aver vissuto nel campo nomadi Casilino 900 i due dormivano nei padiglioni dell'ex Fiera di Roma destinati dal Comune all'assistenza dei senzatetto. Lì si vedevano ogni sera e probabilmente si vantavano delle loro razzie. La Squadra mobile diretta da Vittorio Rizzi infatti è arrivata ai due romeni passando al setaccio le rapine avvenute nei giorni dello stupro, prima e dopo. Così si è notato che c'erano stati tre agguati quasi nella stessa zona e alla stessa ora, tutti a giovani vittime: il 13 febbraio, al Parco Scott (Ardeatino) nei confronti di quattro ragazzi rapinati del cellulare e minacciati coi bastoni; il 14, alla Caffarella con l'epilogo dello stupro, e il giorno successivo, in via Lemonia, al parco degli Acquedotti, sempre ai danni di una coppietta alla quale gli aggressori hanno tolto scarpe da ginnastica e cellulari e durante la quale i due avrebbero detto alla ragazza: «Dacci i soldi sennò ti stupriamo». Tre giorni fa la svolta. Uno dei due telefonini rapinati il 15 prende a funzionare: il malvivente ha inserito nell'apparecchio la sua scheda sim. Gli inquirenti tracciano il segnale e arrivano all'ex Fiera di Roma: gli agenti bloccano il diciottenne romeno Jean Alexandru Ionut mentre esce dal padiglione. Viene sottoposto al tampone della saliva subito messo a confronto con la traccia biologica lasciata nel parco della Caffarella: è lui uno degli stupratori. Il copione che segue è identico a quello della prima indagine. Interrogato, il giovane romeno incensurato fa il nome del complice che era con lui quella sciagurata sera: si chiama Gavrilia Oltean. Il 18 febbraio ha lasciato la Capitale per tornare in Romania. Prima però ha fatto tappa a Trieste dove è stato fermato dai carabinieri vicino al valico italo-sloveno di Fernetti (Trieste) su un furgone Volkswagen con targa tedesca, insieme a un connazionale: sul fuggiasco pendeva un'ordinanza di custodia cautelare della magistratura di Roma per ricettazione di auto rubate. Gli investigatori capitolini corrono al Nord, prelevano un campione di saliva, fanno il test e il risultato è positivo: anche il suo Dna coincide con le impronte genetiche ritrovate sul luogo dello stupro. Il caso Caffarella è chiuso. Scrive il gip Guglielmo Muntoni nell'ordinanza di custodia cautelare per rapina e violenza sessuale di gruppo: «Dal campione salivare si evince che il profilo genetico del dna e l'aplotipo del cromosoma Y di Ionut Iean Alexandru sono uguali a quelli accertati su mozziconi di sigaretta, sul tampone, sui fazzoletti di carta e sulla gonna della giovane vittima. Per quanto riguarda Oltean Gavrila il profilo genetico e aplotipo del cromosoma Y sono uguali a quelli accertati sul tampone, fazzoletti nonché gonna e giaccone della vittima». Il Gip continua: «Alla luce delle prove acquisite risulta provato con certezza che gli autori materiali dei reati riportati in epigrafe sono i due indagati i quali hanno programmato una serie di rapine in danno di adolescenti nei parchi di quella zona di Roma e il 14 febbraio scorso hanno ritenuto di procedere anche alla disgustosa e davvero criminale violenza sessuale aggravata, commessa in danno della giovanissima vittima. In relazione a tali esigenze cautelari - scrive - appare evidente in base alle circostanze, alla bestiale modalità dei fatti e alla crudeltà e alla protervia dimostrati dai due indagati nel corso della violenza sessuale, che vi sia un concreto pericolo di reiterazione del reato emergendo la specifica e allarmate capacità criminale dei due indagati». I risultati del Dna sono stati eseguiti dalla genetista Carla Vecchiotti dell'Istituto di medicina legale dell'Università La Sapienza e sono stati comunicati nei giorni scorsi agli investigatori dopo che era stato fatto il prelievo di saliva con un tampone ai due indagati.
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