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Nelle torbide acque dell'Onu l'Italia ha nuotato davvero bene.

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Nel2001 Durban I doveva essere «laboratorio di pace». La conferenza dell'Onu fu, invece, una sguaiata esibizione di antisemitismo: dell'ebraismo si volle negare ogni rispettabilità religiosa e culturale. Gli ambasciatori dei paesi europei presenti alla conferenza si riunirono per varare un elaborato e sofferto comunicato. Vi si esprimeva qualche preoccupazione per come andavano svolgendosi i lavori, ma si decideva di parteciparvi comunque, a differenza delle delegazioni americane e canadesi, per una incoercibile disponibilità europea a veder pacificato il Medio Oriente. Con quel comunicato l'Europa allora sfidò il ridicolo e soprattutto si distanziò da quanti da Durban se ne erano andati. Il mondo era alla vigilia dell'11 settembre e non essersi «appiattiti» sugli Usa in una occasione del genere certo non fu un trionfo politico e diplomatico. In vista di Durban II, che si terrà a fine aprile a Ginevra, Frattini ha pensato bene di non incappare nella retorica dell'europeismo di maniera, ma di dettare egli un comportamento, per non dire un codice, ai colleghi ministri degli esteri. Il testo scaturito dai lavori preparatori era anche stavolta intriso di antisemitismo ed in quanto tale avverso ai valori dell'Europa civile. Anzi Durban II sembrerebbe riuscire a far di più e di peggio: comprimere l'occidentale libertà di espressione per subordinarla in via preventiva al dovere di rispettare le religioni altrui (l'islamismo, s'intende, non certo l'ebraismo). Insomma, l'Onu pretenderebbe che la libertà venisse dopo e non prima della tolleranza, cioè, che non fosse essa stessa matrice e garante di pluralismo. Nessuno quanto Franco Frattini, che aveva tre anni fa contribuito a disincagliare la nave della Commissione Europea dagli scogli della polemica sulle vignette danesi, è parso in questa circostanza il ministro giusto al posto giusto. In Europa l'antisemitismo non può essere oggetto di diplomazia. Se Ginevra fosse una riedizione di Durban, si avrebbe la peggiore sconfitta dei principi del multilateralismo delle Nazioni Unite: quelli del 1948, della Carta di San Francisco, certo non quelli che consentirono trent'anni fa all'Onu di farsi dettare la linea dall'arafattismo di Waldheim. In questi giorni poi in Israele si discute seriamente dell'ipotesi di un ingresso nell'Unione Europea e nella Nato. Sarebbe importantissimo: al di là del realizzarsi di quel che Pannella ha più volte prospettato in questi anni di «antisionismo», potrebbe essere per l'Europa civile un modo per ritrovare la sua autentica ragion d'essere. Così come sono, le Nazioni Unite non hanno titolo per chiedere all'Europa di abdicarvi.

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