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E Draghi torna ad attaccare Tremonti

Draghi

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È ancora alta tensione tra il Governatore Draghi e il governo. L'audizione alla commissione finanze della Camera è stata l'occasione per il numero uno della Banca d'Italia per mettere dei paletti e marcare il campo d'azione dell'istituto nei confronti di quelle che considera delle indebite ingerenze della politica. Non solo. Al ministro Tremonti che vorrebbe traferire la vigilanza alla Bce, replica che la Banca d'Italia ha svolto la sua funzione alla perfezione, ovvero che «non ha mai mancato nel suo lavoro di vigilanza»; e la conferma è che «in Italia non ci sono stati casi di banche che sono saltate come in altri Paesi». Peraltro l'ultimo caso di dissesto finanziario quello di Italease, è venuto alla luce proprio grazie a una ispezione di Via Nazionale. Tuttavia, rileva, è impossibile scoprire in anticipo tutte le situazioni di rischio e per questo occorre che i cda siano formati da «persone oneste». Nel caso del salvataggio di Italease Draghi respinge l'dea che i Tremonti-Bond siano stati utilizzati per questo scopo dal maggiore azionista il Banco Popolare, il quale aveva un patrimonio sufficiente anche senza l'utilizzo degli strumenti del Tesoro. Draghi ha anche ribadito l'assoluta «indipendenza dell'Istituto dalla proprietà in mano alle banche». Ma soprattutto Draghi mette un argine all'intervento dei prefetti perchè «il credito è e deve restare un'attività imprenditoriale basata su un prudente apprezzamento professionale della validità dei progetti aziendali». Detto questo è «essenziale che l'analisi delle condizioni del credito a livello locale non sconfini in un ruolo di pressione sulle banche che spinga a allentare il rispetto di criteri di sana e prudente gestione nella selezione della clientela». Un'azione di questo genere non giova al sistema giacchè se le banche diventano «imprudenti primo o poi finiscono in dissesto e smettono anche di fare credito». Draghi quindi chiede di rivedere i trattamenti fiscali delle banche e di altri intermediari che hanno pesato sugli utili per quasi 2 miliardi. «Imposte elevate si traducono in meno autofinanziamento, meno patrimonio e meno capacità di credito». Tolti alcuni sassolini dalle scarpe, Draghi è passato a esaminare la situazione economica. Lo scenario è drammatico. «È verosimile che l'intero 2009 si chiuda con un nuovo e significativo calo dell'attività economica concentrato soprattutto nel settore privato con un rallentamento dei crediti specie verso le piccole imprese e l'industria manifatturiera». Quanto alle probabili nuove mosse anti-crisi, Draghi ha invitato lo Stato a saldare i suoi debiti con le imprese: le pubbliche amministrazioni, ha ricordato, devono attualmente un importo pari a 2,5 punti di pil e quindi «un'accelerazione dei pagamenti darebbe alle imprese un sostegno senza appesantire i conti pubblici». Infine, un accenno anche al piano-casa che il Governo si appresta a varare: secondo Draghi, potrebbe avere un effetto di stimolo ma è incerta la sua portata da un punto di vista congiunturale. Altro segnale di crisi è il rallentamento del credito delle banche. Relativamente ai mutui per l'acquisto di abitazioni, pari al 68% del credito alle famiglie consumatrici, nel quarto trimestre del 2008 «le nuove erogazioni di prestiti si sono ridotte del 20% rispetto allo stesso periodo del 2007». Infine annuncia nuove regole per gli stipendi dei manager delle banche, senza prevedere tetti ma legando le remunerazioni ai rischi.

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