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Assegno veloce a chi perde il lavoro

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Tempi più veloci per l'erogazione degli ammortizzatori sociali e bocce ferme sull'età pensionabile. È quanto afferma il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua che nel forum tenuto a Il Tempo affronta i temi più caldi della discussione previdenziale che ora si intreccia con il sentimento diffuso di incertezza determinato dalla crisi economica. La preoccupazione per il futuro diventa anche preoccupazione per la propria rendita pensionistica e ha scatenato una valanga di telefonate al centralino dell'Inps. «Da 30.000-40.000 chiamate al giorno siamo arrivati a 170.000 e per il 70% sono richieste di spiegazioni e certezze sul proprio futuro» afferma il presidente che avverte: «Con questo clima emotivo non è proprio il caso di parlare di riforme e di cambiamenti. Bisogna piuttosto rassicurare e tranquillizzare». La crisi ha creato uno scenario di incertezza ma se a questo ci aggiungiamo che si torna a parlare di modificare l'età pensionabile...allora la situazione può diventare esplosiva. Lei che ne pensa di far andare le donne più tardi in pensione? «Sono d'accordo con queste perplessità. Questo non è il momento adatto per affrontare il tema dell'aumento dell'età pensionabile per le donne. Dobbiamo tutti concentrarci sull'evoluzione della crisi. Va anche detto che il tema del pensionamento posticipato riguarderebbe le donne della pubblica amministrazione giacché nel privato i due terzi delle lavoratrici non riescono a raggiungere il minimo contributivo e quindi la loro età media di pensionamento è simile agli uomini. Piuttosto sono per affrontare il problema da un'altra angolatura». Da quale? «Superata la fase acuta della crisi andrebbe discussa una riforma generale del sistema del welfare. Quindi non circoscrivere il dibattito sull'età. Però, insisto, le priorità in questo frangente sono altre. La crisi ha creato un sentimento tale di precarietà e di incertezza e la gente si interroga anche sul proprio futuro previdenziale. Siamo sommersi di telefonate di persone che vogliono capire, che hanno dubbi, che temono. In questo momento occorre dare certezze. Non si sono ancora spenti i clamori della discussione muscolare sullo scalone della riforma Maroni. Andiamoci cauti con le dichiarazioni sulle possibili riforme». Certezze ma anche paracaduti per chi perde lavoro, sono i binari sui quali procedere. Gli ammortizzatori sociali sono tempestivi? «A giorni ci sarà un provvedimento per accorciare i tempi per l'erogazione degli ammortizzatori sociali. Invece dei quattro mesi attuali, gli assegni saranno erogati entro 45 giorni dal momento in cui si è concluso l'iter sindacale sulla crisi aziendale. Nei primi due mesi del 2009 la richiesta di indennità di disoccupazione (ordinaria, speciale, e a requisiti ridotti) presentata all'Inps, è aumentata del 46,13% rispetto a quella registrata tra gennaio e febbraio del 2008». La crisi sta colpendo soprattutto i giovani che vivono di contratti a termine e hanno quindi lunghi periodi di vuoto professionale. Che futuro previdenziale avranno dal momento che versano pochi contributi? «La soluzione di questo problema non è semplice. Non si può pensare a una contribuzione figurativa che copra tutti i momenti di vacanza lavorativa. Oggi lo Stato ha investito sugli ammortizzatori sociali, tentando il più possibile di evitare uscite dal lavoro. L'accordo Stato-Regioni ha portato a una regionalizzazione degli ammortizzatori sociali con l'Inps che diventa quindi un soggetto attivo per tutte le politiche sociali. Ci sarà a breve un'unica banca dati nazionale con tutti i cassintegrati e coloro che hanno perso il lavoro. Chi non accetta un'occasione di un nuovo impiego verrà estromesso dalla banca dati e perderà gli assegni». Questo di fatto è già previsto ma non è stato mai applicato... «Su questo tema ci sarà una direttiva del ministro e un decreto ministeriale. L'obiettivo è di avere un quadro della situazione di quanti sono rimasti senza occupazione e delle offerte di nuovo impiego. Ma chi gode di un sussidio di disoccupazione non può rifiutare un inserimento. Se lo fa deve essere estromesso dal sistema».  La crisi si sta facendo sentire anche sul flusso dei contributi? C'è un impatto sui conti dell'Inps? «La situazione al 16 gennaio ci dice che c'è un trend dei contributi in crescita, un recupero dei crediti in espansione così come le domande di rateazione del dovuto. Questo è il sintomo della mancanza di liquidità delle imprese. Va anche detto però che seppur strette dalla crisi, l'ultima cosa che fanno le aziende è quella di non versare i contributi. Ci sono sanzioni pesanti». Insomma qualche segnale positivo c'è? «Per adesso abbiamo un dato che tiene conto del saldo di iscrizioni, cancellazioni ed emersione dal lavoro nero. Va preso considerando una serie di fattori, è ovvio, ma dice che alle fine del 2008 nelle liste dell'Inps abbiamo trovato 220 mila occupati in più rispetto al 2007». Cosa è successo? «In parte abbiamo contrastato il nero con un'azione di maggiore qualità. Abbiamo lasciato da parte i controlli formali e ci siamo concentrati sulle ispezioni brevi e in sinergia con l'agenzia delle entrate che ha una conoscenza del territorio importante. Solo per fare un esempio ci ha fornito un milione di partite Iva cosiddette non «versanti». Abbiamo stretto nuovi accordi con la Guardia di finanza e con la Siae. Un gioco di squadra che ci ha consentito di recuperare 1,5 miliardi di contributi evasi». C'è una «questione regionale» nell'attività dell'Inps? «Diciamo innanzitutto che l'Inps è il maggiore azionista del contenzioso civile italiano. Contro di noi sono in piedi circa 800 mila cause. L'80% delle quali è concentrato in quattro regioni: Lazio, Campania, Puglia e Calabria. Il 20% in tutte le altre. In questo senso c'è una disomogeneità territoriale che è figlia di una certa cultura. Faccio un esempio: si è parlato tanto delle social card che non arrivavano ai beneficiari. Ebbene a Napoli il 50% dei richiedenti non aveva titolo per ottenerla». State cambiando atteggiamento? «È appena partito un piano per verificare la regolarità di circa 200 mila pensioni di invalidità. Sono circa il 10% delle 2,5 milioni totali che costano circa 13 miliardi di euro. Faremo degli incroci con i dati reddituali presenti nelle banche dell'agenzia delle entrate e chiederemo la collaborazione della Motorizzazione Civile per avere l'elenco di coloro che, avendo un certo tipo di invalidità, non dovrebbero avere una patente e invece risultano abili alla guida». Passiamo alle condizioni finanziarie dell'istituto. Le pensioni degli italiani sono al sicuro? «Nel 2008 abbiamo registrato un avanzo finanziario di 11 miliardi di euro. I bilanci di previsione che abbiamo elaborato a settembre dello scorso anno sono stati giù aggiustati tenendo conto dei nuovi dati economici aggiornati dal governo. In ogni caso chiuderemo anche il 2009 in attivo. Il messaggio è chiaro: i conti sono in ordine. Nonostante la naturale sovrapposizione che abbiamo tra previdenza e assistenza il risultato positivo è in crescita costante. Abbiamo recuperato molti crediti di nostra spettanza e per quelli più vecchi ci siamo serviti della riscossione attraverso Equitalia». A parte i conti c'è qualche missione nuova a cui l'Inps sta lavorando? «Semplificazione delle procedure. È una delle leve che vogliamo utilizzare per evitare l'evasione da complicazioni burocratiche. Penso ad esempio alla cosa più semplice come l'assunzione di una badante. Tra breve l'iscrizione sarà semplicissima e possibile attraverso una telefonata. Basterà questo. Aboliremo moduli complicati che richiedevano informazioni utili alla statistica ma complicate per i datori di lavoro come l'indicazione del titolo di studio della colf.  Il governo ha abbandonato l'idea di fondere gli istituti di previdenza. Creando il cosiddetto SuperInps? «La stessa Ragioneria Generale aveva bocciato l'idea. A fronte di risparmi spalmati nel tempo la fusione avrebbe generato subito un miliardo di costi. L'esecutivo non ha accantonato però l'idea di maturare risparmi attraverso una razionalizzazione delle attività degli enti previdenziali italiani. Ogni anno ci fissa paletti e indicazioni per raggiungere quella che viene detta la Casa del Welfare. E che passa ad esempio attraverso l'accorpamento delle sedi degli istituti. Se Inps, Inail e Inpdap occupano ipoteticamente 1000 sedi in Italia mettendosi insieme possono lasciarne libere molte altre economizzando e rilasciando risorse».

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