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La politica consuma la Rai.

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Noncomprendendone i delicati meccanismi che la regolano, s'incanaglisce nel demolirli. E comincia dai vertici. Otto mesi per nominare il Consiglio d'Amministrazione. Settimane per avere il direttore generale, e non è detto che sia quello il cui nome è sulla bocca di tutti. E del nuovo presidente non c'è ancora traccia. Ieri mattina tutti i giornali titolavano che Ferruccio De Bortoli avrebbe preso le redini della Rai. Neppure il tempo di berci un caffè ed è arrivata la smentita. L'ottimo giornalista continuerà a dirigere (benissimo, peraltro) Il Sole 24 Ore. Un altro professionista «bruciato» dalla politica con una superficialità che lascia sconcertati: purtroppo non sapremo mai quali sono state le ragioni che hanno motivato il rifiuto. Prima era toccato a Giuliano Amato, ad Andrea Manzella, a Pietro Calabrese, ad Enzo Cheli, a Pierluigi Celli: chi sarà il prossimo ad essere immolato sull'altare del servizio pubblico da una politica incapace di decidere? Qualsiasi nome verrà fuori, non sarà sicuro fino a quando il CdA non procederà formalmente alla nomina. E non è detto che Petruccioli, candidato ormai soltanto da se stesso, non vinca la partita con le armi della tenacia e della scaltrezza. Andò così anche nell'estate del 2005. L'attuale presidente della Rai venne fatto fuori dai suoi compagni di partito in un primo momento e finse di ritirarsi in buon ordine per oltre due mesi. Intanto la politica si disfaceva, indicandoli, uno dopo l'altro, di uomini del peso di Malgara, Monorchio, Santaniello e qualche altro mi pare. Infine, quando nessun santo sembrava apparire all'orizzonte, Petruccioli se ne andò a Palazzo Grazioli senza dire niente a nessuno ed ottenne la poltrona, con il gradimento del centrodestra e del centrosinistra. Finirà così anche questa volta, con una mossa se non proprio uguale quantomeno analoga tale da spiazzare l'inutile Commissione di Vigilanza e facendo tirare un sospiro di sollievo al Ministro dell'Economia il quale, formalmente, dovrebbe indicare il presidente? Già, può anche darsi che nei meandri di leggi e regolamenti si trovi il modo di procedere alla nomina evitando la consolidata prassi. E questa sì che sarebbe la vendetta del buon senso sulla non decidente politica. Ed anche un affronto alla partitocrazia che, con buona pace delle anime belle di ogni colore, chissà perché sulla Rai sìesercita con uno zelo davvero degno di miglior causa. Comunque vadano le cose, sembra chiaro, una volta per tutte, che fino a quando la politica, questa politica, continuerà a mettere i piedi nel piatto del servizio pubblico radiotelevisivo con tanta brutalità, difficilmente la Rai si solleverà dalla depressione che da tempo l'avvolge. È insopportabile, e francamente anche un bel po' volgare, che per sceglierne il vertice si debba sempre ricorrere a bizantinismi incomprensibili perfino ai pochi interessati alla faccenda. Gli italiani, disgraziatamente, sono alle prese con ben altri problemi e di sapere se Tizio è più gradito di Caio alle nomenclature politiche non gliene può fregare di meno. Del resto, tra i reality show quello che va in scena a viale Mazzini, sulla pelle di fior di professionisti che meriterebbero ben altra considerazione, è il più scadente. *deputato del Pdl

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