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La crisi e le celebrazioni in tono minore

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Intendiamoci,l'innalzamento dell'età pensionabile è un atto dovuto per adeguarci a quanto previsto dall'Unione Europea: la strada, in questo senso, è obbligata. Non solo: l'unica via percorribile per liberare risorse destinate agli ammortizzatori sociali, come richiesto anche da certe frange della sinistra (vedi Enrico Letta), è proprio quella di mettere mano a una seria riorganizzazione del sistema previdenziale italiano. Non dimentichiamo neppure che la vita media delle donne è più alta di quella degli uomini: lasciarle a casa prima, con la pensione d'anzianità a 60 anni, diventa, quindi, sempre più un controsenso. Sull'altro piatto della bilancia dobbiamo però tenere presente il fenomeno della denatalità in Italia: le famiglie numerose sono, ormai, un ricordo del passato e, secondo le ultime previsioni di crescita, di questo passo, il numero degli stranieri presenti nel Belpaese sarà, tra quarant'anni, maggiore di quello degli italiani doc, con contraccolpi evidenti anche sul fronte dell'occupazione. Per queste ragioni, assieme al senatore Francesco Casoli, parlamentare del Pdl come il sottoscritto nonché noto imprenditore marchigiano, ho proposto al governo un provvedimento che riconosca alle madri di andare in pensione prima rispetto alle donne senza prole, calcolando un anno in meno per ogni figlio avuto. In tal modo, viene così riconosciuto al mondo femminile l'impegno necessario nella duplice gestione della vita lavorativa e di quella familiare. E' vero che sarebbe sbagliato e offensivo immaginare che le donne decidano di mettere al mondo un figlio solo perché, un giorno, potranno essere messe prima in quiescenza. E' anche vero che la nostra proposta potrebbe assomigliare al premio fertilità che, durante il fascismo, Mussolini concedeva alle famiglie numerose (con tutti i confronti e le polemiche del caso...), ma, di fronte all'emergenza denatalità, penso che debbano essere prese in considerazione tutte le idee in grado di affrontare seriamente il problema. Secondo calcoli che mi ha "girato" Giuliano Cazzola, vicepresidente Pdl della Commissione Lavoro, il primo parlamentare a chiedere l'innalzamento dell'età pensionabile per le donne, il risparmio per le casse dello Stato, con l'equiparazione al trattamento degli uomini, sarebbe di 400 milioni di euro l'anno nel pubblico impiego e di 1,4 miliardi l'anno se il provvedimento fosse esteso anche al settore privato. A questi soldi potrebbero poi aggiungersi altri due miliardi di euro ripristinando gli scaloni di Maroni, aboliti dal governo Prodi, e bloccando così, per 18-24 mesi, tutte le pensioni d'anzianità. Perché, allora, non prevedere che parte di questi quattrini risparmiati possa essere reinvestito in misure e servizi a favore del mondo femminile? Sarebbero, queste, le migliori mimose che potremmo regalare, l'8 marzo, alle nostre donne. * Deputato Pdl

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