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Donne in pensione, l'Italia tratta con la Ue

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Stiamovedendo come rispondere — ha assicurato ieri il premier Silvio Berlusconi — per far sì che ciò non accada. «C'è una richiesta dell'Ue — ha spiegato — e noi stiamo vedendo come rispondere per fa sì che non ci sia una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea contro l'Italia». Nel caso in cui, poi, ciò si dimostrasse inevitabile ci vorrebbero comunque dei mesi, è il ragionamento che si fa in ambienti dell'Esecutivo, prima dell'applicazione delle sanzioni. Nella migliore delle ipotesi si «conquisterebbe» un anno, in quella peggiore si riuscirebbe a ottenere qualche mese di ossigeno e superare così lo scoglio delle elezioni di giugno. L'obiettivo è dunque quello di rinviare la riforma nella pubblica amministrazione. Ergo, anche la soluzione parlamentare (con tanto di emendamento per un delega al governo su questa materia) sembra superata. La proposta è stata infatti depositata ma, a quanto si apprende da fonti di governo, non è destinata ad avere un futuro. Il nodo pensioni è comunque finito sul tavolo del Consiglio dei ministri: «Si è ribadito — spiega il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi — che non c'è ancora nessuna proposta definita. Sono state solo fatte — aggiunge — in passato ipotesi tecniche». Un punto sarebbe però stato ribadito di fronte ai colleghi proprio dal titolare del Welfare: se sulle pensioni nel pubblico impiego è d'obbligo discutere, il settore privato non è e non deve essere oggetto di alcuna riforma. Nonostante il pressing che arriva da Bruxelles, l'Italia avrebbe comunque scelto di privilegiare il confronto con le parti sociali e con i sindacati in particolare: tra le decisioni prese quella di aprire un tavolo e di iniziare a costruire un modello che sia in grado di tenere insieme la necessità, imposta dall'Europa, di allungare l'età lavorativa con quella di fornire servizi alle donne. «Tutto quello che si risparmia dall'innalzamento dell'età pensionabile femminile — dice anche il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta — deve andare ai salari delle donne, alle loro carriere, agli asili».

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