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Berlusconi: la crisi non è tragica

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{{IMG_SX}}Quei titoli sui giornali non li ha digeriti. Non gli sono nemmeno piaciute le immagini dei telegiornali. E non ha gradito che addirittura qualche media abbia riportato frasi che Tremonti in realtà non ha mai citato: «Il 2009 sarà un anno orribile». Così, dopo la corposa riunione del Cipe e il Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi decide di scendere nella sala stampa di Palazzo Chigi per fermare subito una nuova onda d'informazione: quella di intestargli la crisi economica. Dunque, la conferenza comincia con Berlusconi che si accomoda e fa sedere alla sua destra il ministro dell'Economia chiamato immediatamente a una precisazione: «Il 2009 anno "orribile" o "terribile" non sono termini che io ho usato - spiega Giulio Tremonti -. Chi scrive quelle cose fa male all'Italia e non al governo». Poi tocca al premier. Che avverte subito: «La crisi c'è, è anche presante. Ma non è tragica. È dannoso per l'interesse di tutti noi se i media rappresentano questa crisi come tragica». E i media, a cui chiederà collaborazione nello spiegare che coa fare e di non farsi prendere dal panico, sarà il leit motiv di tutta la conferenza. Al punto che quando scorge tra i cronisti un giornalista della Rai gli scappa un'altra battuta: «La Rai è l'unica tv pubblica che attacca il governo». Torna su concetti già espressi in passato, come quello secondo cui «se c'è una cosa di cui abbiamo paura, e forse è l'unica, è la paura». Il Cavaliere ricorda che l'Italia, «è stata la prima» a capire che «si stava abbattendo una tempesta» e la prima a correre ai ripari: «Siamo stati preveggenti e abbiamo avuto coraggio». Rivela che in tanto lo hanno ringraziato, tra questi anche il presidente della Volkswagen che lo ha chiamato nei giorni scorsi, e che le case automobilistiche che stanno richiamando i lavoratori messi in cassa integrazione. Fa l'esempio dei dipendenti pubblici che «non hanno alcun timore di perdere il loro posto di lavoro. Hanno avuto un incremento salariale del 3,5% circa. L'inflazione è minore e il prezzo del petrolio porta dei risparmi alle famiglie su luce, gas e benzina. I pubblici dipendenti hanno un potere d'acquisto superiore al passato». Il premier attacca poi la proposta dell'assegno per i disoccupati avanzato dal segretario dle Pd Franceschini: «Sarebbe licenza di licenziare». Racconta quindi che proprio ieri ha ricevuto il titolare di un'azienda di piastrelle di Sassuolo il quale «mi ha detto - spiega Berlusconi - che se ci fosse stato l'assegno di disoccupazione avrebbe licenziato 500 persone». Più avanti riprende la parola Tremonti. Il feeling tra i due è tornato più forte che mai. Tanto che il ministro dell'Economia si lascia andare nei commenti positivi nei confronti del premier raccontando che all'ultimo vertice europeo si sono rivesciate le parti e i leader socialisti stavano a «difendere il capitalismo» e Berlusconi a proporre ricette «rivoluzionarie», tanto che gli stessi esponenti della sinistra l'hanno riconosciuto alla fine del summit. Oppure ricorda come, al vertice di Parigi, Berlusconi fu il primo a proporre un fondo internazionale a sostengo delle banche. Infine lo paragona al trentaduesimo presidente Usa: «Roosevelt - dice Tremonti - sapeva che c'era la crisi ed era responsabile. Esattamente quello che ha cercato di fare questo governo e il presidente Berlusconi». Attacca la sinistra e spiega: «Votarlo significa chiedere di reintrodurre l'Ici». E in serata, al Tg1, chiarisce: «Stiamo camminando lungo una strada difficile ma non lasceremo indietro nessuno. Tutto quello che possiamo fare lo faremo perché non vogliamo lasciare indietro nessuno a partire dai più deboli». Il ministro dell'Economia insiste che «chi ha il posto di lavoro e lo conserva sta meglio di prima, è come se avesse una tredicesima in più perché dai mutui, alle bollette alla benzina tutto sta scendendo e questo è buono». Chi non ha un posto o rischia di perderlo «deve essere aiutato. È quello che abbiamo fatto - assicura il ministro - in questi mesi e che faremo. Non abbiamo avuto ancora grandi tensioni sociali ma sappiamo che ci sarà gente che perderà il posto o avrà difficolta ed è la ragione per cui abbiamo messo molti soldi in quelli che con un nome strano si chiamano ammortizzatori sociali».

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