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E ora Berlusconi come re Mida

Silvio Berlusconi

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A parlare era Massimo D'Alema, sul banco degli imputati il presidente del Consiglio. Berlusconi-re Mida: un paragone che abbiamo sentito spesso negli ultimi anni - per lo più sotto forma di accusa per il "patrimonio economico" del Cavaliere. Ma ieri i toni erano diversi. Nel Transatlantico della Camera, sui divanetti di destra così come su quelli di sinistra, l'argomento era uno: la vittoria in Sardegna, e le conseguenti dimissioni di Walter Veltroni. Un risultato, quello delle regionali sarde, che molti, nella maggioranza non si aspettavano, e tutti nel Pd non avrebbero voluto. «Il premier ha candidato uno sconosciuto e guarda cosa è successo - confida un autorevole esponente del Pdl -. Quello che tocca lui davvero diventa oro». Nove punti di scarto tra Ugo Cappellacci e Renato Soru. Con il primo che diventa il nuovo governatore della Sardegna e il secondo che esce di scena. L'intera campagna elettorale, oltre un mese e mezzo, con il capo del governo impegnato direttamente sul territorio, è stata una sfida di Berlusconi in persona. Molti nella maggioranza temevano che Cappellacci potesse perdere per la minore "celebrità" rispetto a Soru. E forse nemmeno Berlusconi contava su un'affermazione di queste proporzioni. E ora il premier è soddisfatto. Pensa al futuro, alla "linea del decisionismo", una linea che sarà sempre più evidente nelle azioni dell'esecutivo. Sulle dimissioni del segretario del Pd, Berlusconi non rilascia commenti ufficiali. Di certo non è stata una sorpresa. Anzi, secondo quanto raccontano da ambienti Pdl «il premier ha appreso senza troppo stupore delle dimissioni di Veltroni da leader del Pd». Da alcune frasi, scambiate con i più stretti collaboratori e in alcune telefonate, il ragionamento esposto da Berlusconi è stato chiaro: quando un partito affonda così è inevitabile che il vertice ne subisca le conseguenze. «Non entro nelle vicende interne di altri partiti», ha ripetuto ai tanti esponenti del centrodestra che lo hanno cercato per avere un commento sull'addio di Veltroni. Non che abbia nascosto la sua soddisfazione. In linea con il fair play del Cavaliere gli esponenti della maggioranza: c'è chi ha parlato del peso delle «contraddizioni» interne al Pd (Fabrizio Cicchitto, Pdl), chi di sconfitta politica del «ma anche» veltroniano (Maurizio Lupi, Pdl) e chi ha preferito non «infierire sugli sconfitti» (Roberto Cota, Lega). Ma a rendere esplicito il desiderio di non commentare è Paolo Bonaiuti: «Non intervengo mai sulle vicende interne degli altri partiti. Staremo a vedere gli sviluppi», si è limitato a dire. Anche se, è lo stesso portavoce del premier a sostenere che «l'antiberlusconismo cui ci ha abituati Veltroni non porta da nessuna parte». Per ora, dunque, Berlusconi sceglie il silenzio. Dobbiamo pensare al governo e ai problemi del Paese, ripete ai suoi. Anche per questo, spiega chi gli sta vicino, nel suo colloquio con Giorgio Napolitano al Quirinale, il premier ha ripetuto le motivazioni che lo hanno spinto a varare il decreto per Eluana Englaro: pur confermando di non aver voluto nessuno scontro con il Colle, Berlusconi ha sostenuto le ragioni di insistere con la decretazione di urgenza, ripetendo ciò che ha detto più volte in pubblico: senza è meglio andarsene a casa, invece la gente ci chiede di governare e noi non ci tiriamo indietro».

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