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Il governo incarna la visione di La Malfa

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Soprattutto se si pensa ad un uomo politico come La Malfa, che aveva la coscienza dei problemi da affrontare e la capacità di affrontarli. Il leader dei repubblicani italiani ispira un senso di diversità, perché diverso fu Ugo La Malfa, diverso per la sua formazione di economista eterodosso, non ideologico; diverso per la sua vicenda politica, vissuta come un romanzo di formazione, come si usava fare nei tempi eroici del Risorgimento; diverso per il suo modo di porsi con gli amici e gli avversari politici: secco, chiaro, ma anche capace di guardare alle ragioni dell'altro. Significativa, in quest'ultimo senso, fu la sua sensibilità nei confronti del travaglio del PCI berlingueriano e di Berlinguer stesso, in cui colse elementi di discontinuità nei confronti di un mondo ideologico concentrazionario, come quello sovietico, infinitamente distante da lui e dalla sua storia. La Malfa estraneo ad una «certa» Italia. Antico nel porsi, asciutto e ruvido, raffinato nelle mediazioni culturali che, per lui, erano il nutrimento della buona politica. Un uomo da «terza via», naturaliter. Direi al di là delle sue stesse sicurezze e anche dei suoi interessi di leader di un piccolo, ancorché pugnace partito. Le sue ascendenze storiche e culturali definiscono anche la sua etica in politica: figlio del Partito d'Azione. Sarebbe stato vicino anche ad un uomo come Gobetti e certamente prossimo a quest'ultimo nel senso della lotta politica nazionale. L'autonomia della politica, in La Malfa, rende il leader del PRI schiettamente moderno. Un uomo che intravede nel centrismo naturale dei cattolici un ostacolo alla modernizzazione del Paese, e ciò, nonostante la stima profonda nei confronti di un gigante come De Gasperi e di un uomo geniale come don Sturzo. Ma questa visione critica del centrismo come fattore quasi antropologico e certo istituzionale non si ferma alla politica, essa va ben più in là e rende il contributo lamalfiano un sostegno alla giusta metapolitica, sempre necessaria per edificare una retta politica. La sinistra radical-liberale di La Malfa è kennediana senza avere complessi di inferiorità nei confronti degli USA ed è riformatrice, sentendosi vicina a Brandt, senza avere niente a che spartire con Bad Godesberg: un «ircocervo», avrebbe detto Croce, ma, è noto come don Benedetto abbia più volte errato nei suoi giudizi. La Malfa è, infatti, una personalità affascinante e complessa, anche nel pensiero politico. Affermare, come egli fa, che «mi pare difficile che gli uomini, soprattutto gli uomini di Stato, siano governati da umori; ritengo, invece, che abbiano visioni di fondo dei problemi» (così, alla Camera, in una replica a Lombardi, il 13 dicembre 1954), equivale a raccontarsi come uomo e come statista. Visioni di fondo e strategie: questo è il pacchetto intellettuale e politico di La Malfa. Agire sapendo dove andare e sapendo con chi fare il viaggio. E come arrivare alla meta. La battaglia politica si reggerà, intera, nell'intervallo tra l'ideazione della strategia e la scelta del percorso ultimo. Con varianti e variazioni che un certo senso tattico di La Malfa non lasciava certamente al caso. Quando La Malfa critica e poi esce dal Partito d'Azione, lo fa con una chiara visione dell'Italia e senza porre tutto nella scelta di un'Italia in grado di realizzare interamente il Risorgimento, lascia aperta la speranza di un'altra Italia e di altri interlocutori per un'altra variante riformatrice. Perché, al cuore della visione di La Malfa, c'è la modernizzazione integrale del Paese, nel contesto di una laicizzazione dello Stato e di una secolarizzazione pronunciata della politica. Questo è il senso dell'autonomia del politico, secondo il leader del PRI. Una sinistra moderna, riformatrice, repubblicana perché nutrita della visione etica mazziniana e di un certo filone ottocentesco risorgimentale, ma aperta alla vittoria strategica occidentale; di qui la critica irriducibile all'anti-occidentalismo del PCI e di settori rilevanti del PSI, ma anche della DC. Riconnettersi all'Europa, per l'Italia, significava, osservava La Malfa, recuperare l'aura democratico-repubblicana e trovare strade duttili ed efficaci di crescita e modernizzazione. La strada delle rivoluzioni democratiche non violente passa da questa consapevolezza e da questo nucleo di azioni e pensieri: l'uscita dal PD'A era necessaria, dunque, per recuperare, dialetticamente, questa visione profonda del futuro dell'Italia. In ciò, La Malfa fu statista originale. Fece i suoi errori tattici e non comprese Craxi, quando, invece, era necessario comprendere lo sparigliamento di carte del leader del PSI, altri errori seguirono (anche, con il senno di poi, l'ostracismo di Pacciardi, fu un grave errore); ma la stoffa del cavallo di razza, con un pensiero e una politica, non gliela può negare nessuno. Certo, nonostante la Nota aggiuntiva presentata nel 1962 come Ministro del Bilancio, nel IV governo Fanfani, nota che preludeva il centro-sinistra, non aiutò la sinistra come la intendeva lui a fare passi in avanti, il suo keynesismo non statalista e non burocratizzato, attento soprattutto alle scelte a favore della domanda di consumi, non passò, perché l'Italia non era pronta e la società era molto corporativizzata ed ideologizzata. Nel 1975, La Malfa scrisse: «L'Italia non è riuscita a diventare un paese moderno, perché la sua trasformazione non è stata compresa né dalle forze politiche, né dalle forze sociali, compresa la borghesia». Una sinistra moderna, laica e borghese non è mai nata come forza unitaria e compatta, ha solo rivestito ruoli di lobbismo mediatico-comunicativo, fino al giornale-partito, come La Repubblica, e nient'altro. La nuova sinistra, che La Malfa, come Mendès-France voleva in Francia, non nacque mai. È nato, invece, un grande progetto nazionale, riformatore, modernizzatore e laico, non laicista, in Italia, e si chiama Forza Italia. Berlusconi è riuscito ad allargare il consenso anche attraverso i sostenitori del La Malfa di ieri, e dopo la caduta dei partiti, unico caso in Europa, dopo la fine del bipolarismo USA-URSS. Un seminatore di intuizioni come La Malfa incarnava perfettamente il modello di politico, secondo le classiche parole di Max Weber: «sommamente decisive per l'uomo politico» sono la «passione, senso di responsabilità, lungimiranza». La Malfa fu lungimirante e, come accade ai politici lungimiranti, il suo testimone è passato in altre mani, non meno degne: il governo che abbiamo oggi riflette molto della visione lamalfiana e Berlusconi è erede di molti spezzoni di tradizione politica italiana, anche della sua.  

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