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Bersani e i sindaci suonano il requiem per Veltroni

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Veltroni lo ha ribadito a Bologna, dove ha parlato alla platea dei sindaci e degli amministrazioni locali. Se l'assemblea bolognese poteva essere un termometro del partito, per Veltroni non sono mancati né i segnali di ottimismo, né quelli di preoccupazione. Il Pd è compatto nella difesa di Napolitano e nella battaglia contro l'intenzione del Governo di risolvere con decreto la vicenda di Eluana ed ha disposizione una serie di amministrazioni locali che non solo respingono l'etichetta di «cacicchi», ma rivendicano di essere un traino per il partito. Di esserne a buon diritto, con le pratiche amministrative quotidiane, la faccia migliore. Su altri versanti si sentono però gli scricchiolii: dalla candidatura ormai dichiarata alla leadership di Pierluigi Bersani («Il mio - ha detto - è un segnale rivolto alla gente che magari può essere disaffezionata e avere dei dubbi. E non si insegni a me cos'è l'unità») alle critiche che arrivano senza tanti peli sulla lingua da qualche amministratore. Gli scontenti della linea di Veltroni (anche quelli che fanno parte della maggioranza del partito) ormai non si nascondono più. Denunciando le «venature autoritarie» del tentativo di Berlusconi sulla vicenda Eluana, un vero e proprio «tentativo di messa in crisi delle istituzioni», Veltroni ha tenuto fuori dal suo intervento il dibattito sul congresso e sugli assetti futuri del partito, ma ha invitato tutti a serrare le file. «Noi siamo una forza di centrosinistra - ha detto - una forza nuova che può essere quella principale di uno schieramento riformista. Se si pensava il contrario bisognava fermarsi prima. La cosa peggiore, anche in vista delle prossime elezioni europee e amministrative, sarebbe trasmettere il senso di fragilità di un progetto come quello del Pd che resta la principale speranza che possiamo dare al Paese». Il compito di difendere la leadership di Veltroni è stato così lasciato al vicesegretario Dario Franceschini che ha invitato a concentrare gli sforzi sulla battaglia contro il centrodestra, e al capogruppo parlamentare del Pd Antonello Soro, che ha definito «intempestiva» la candidatura di Bersani, auspicando che sia Veltroni a guidare il Pd fino alla fine della prossima legislatura. Anche fra i sindaci, però, non mancano critiche alla linea del partito. Con toni più o meno sfumati, una richiesta di miglior coordinamento fra il centro e la base è stata più o meno unanime. «Possiamo ritenerci soddisfatti - si è chiesto il sindaco di Firenze Leonardo Domenici - di come il progetto del Pd è venuto realizzandosi nel suo dispiegarsi? C'è un distacco preoccupante fra il livello nazionale e le realtà locali: la sensazione è che il gruppo dirigente, quello parlamentare e il governo ombra vivano ripiegati su loro stessi, spesso nemmeno in armonia fra loro e con una tendenza a scaricare i problemi sul livello locale. Attenzione - ha detto citando una lettera di Gramsci all'Unione Sovietica - stiamo rovinando l'opera nostra». E anche Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, non ha nascosto le sue «doleances». «Questo partito - ha detto - deve parlare più la lingua dei cittadini e meno quella dei palazzi romani. Dobbiamo diventare una federazione di territori, non di correnti. Altrimenti il rischio di autoreferenzialità è inesorabile».

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