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Duello Berlusconi-Napolitano sul decreto per Eluana

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Silvio Berlusconi da un lato e Giorgio Napolitano dall'altro. In mezzo Eluana Englaro, anche se sarebbe meglio dire una vita umana. E la corsa disperata contro il tempo della politica che come al solito si è mossa troppo tardi. Una corsa per salvarla, per salvarle la vita mentre i medici della clinica di Udine dove si trova oggi inizieranno a sospenderle l'alimentazione. O meglio, ci proveranno perché al ministero della Salute il titolare Maurizio Sacconi è pronto a firmare forse già da oggi un'ordinanza per bloccare il protocollo medico che sta portando Eluana alla morte. In matinata, infatti, gli ispettori del dicastero giungeranno alla clinica La Quiete nel capoluogo friuliano e potrebbero inviare una relazione a Roma che non lascerebbe scampo dichiarando il centro ospedaliero non idoneo a eseguire le procedure. Di qui l'intervento. La giornata più lunga della politica comincia di primo mattino con un premier ancora fortemente intenzionato a portare in consiglio dei ministri il decreto che vieta la sospensione dell'alimentazione per un malato in cura. Napolitano, si sa, è contrario. E, appreso che a Palazzo Chigi si sta per prpcedcere, decide di inviare una lettera personale al premier. Si tratta di un atto del tutto irrituale perché il Capo dello stato è chiamato Carta alla mano ad intervenire solo dopo che il testo del decreto è sul suo tavolo. Quando legge la missiva Berlusconi la prende male, s'infuria, sbraita, la considera una ingerenza eccessiva. Impone, di fatto, a tutto il consiglio dei ministri di dare il via libera al decreto. Scende in conferenza stampa e spara a zero e promette persinio «il cambiamento della Costituzione e del governo», se non potrà far ricorso come vuole ai decreti, strumento «fondamentale» per governare. Chiede al Parlamento di «riunirsi ad horas per approvare in pochissimo tempo, due giorni o tre, una legge» sul testamento biologico. Parla di Eluana come se fosse una figlia, dice che «è una persona viva, con cellule cerebrali vive, che potrebbe anche in ipotesi generare un figlio». Insomma, per lui non intervenire sarebbe come «una personale omissione di soccorso nei confronti di una persona in pericolo di vita». Ma soprattutto per il Cavaliere «non si può accettare il no preventivo del Colle». Il presidente della Republica intanto, come annunciato, non firma il decreto perché ritiene che non vi siano i requisiti di urgenza previsti dal decreto. E lo motiva anche con una nuova lettera, stavolta formale, con la quale si erge a difensore della Costituzione. Gianfranco Fini s'accoda e, in quanto presidente della Camera: «Preoccupa fortemente che il Consiglio dei ministri non abbia accolto l'invito del Capo dello Stato, ampiamente motivato sotto il profilo costituzionale e giuridico». Schifani dirama una nota con la quale si esprime a favore di «un iter il più spedito possibile» al disegno di legge. Berlusconi sbatte il pugno sul tavolo, pretende di decidere, questa volta ed altre ancora: ho vinto le elezioni e mi devono lasciar governare. Non ha mai smesso di ripetere in questi mesi che l'unico vero potere del premier è quello di stilare l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Non può rimuovere gli altri componenti della squadra di governo, è un pimus inter pares. Vorrebbe più poteri, si sente stritolato dall'asse Quirinale-Montecitorio, l'ex comunista e l'ex missino che vanno d'amore e d'accordo. Ora però non resta molto tempo. In serata si riunisce di nuovo il consiglio dei ministri per varare questa volta un disegno di legge che a differenza del decreto non è immediatamente esecutivo. Il nuovo testo ripropone il divieto di stop all'alimentazione per i malati in cura. Se il governo si dà da fare, prova a fare il possibile, il Parlamento è senz'altro da meno. Nessuna riunione ad horas, nessuna convocazione improvvisa. Niente di niente, si scelgono tempi comodi in modo da non disturbare nessuno nel week end. E così lunedì, si riunirà la conferenza dei capigruppo del Senato e deciderà come calendarizzare il nuovo provvedimento. Probabilmente lo assegnerà per martedì alla commissione Sanità del Senato. Si potrebbe prendere anche una corsia preferenziale che prevede che il presidente dell'organismo, Antonio Tomassini, chiede ai componenti di dichiarare la seduta «deliberante», in pratica sarebbe equiparata all'Aula e potrebbe dare subito l'ok al testo che successivamente verrebbe spedito alla Canera. Ma per fare la deliberante è necessario che ci sia l'unanimità dei gruppi parlamentari. Al momnto appare ancora assai arduo, ma le diplomazie sono al lavoro. Si tratta con il Pd, con l'ala cattolica rimasta ieri incredibilmente in silenzio. Ma anche con il Colle, visto che Napolitano si è già espresso a favore di una rapida approvazione di una legge sul testamento biologico: nel nuovo testo potrebbe essere stata esaudita qualche sua richiesta. Servono giorni. Solo per il passaggio al Senato è necessaria almeno tutta la prossima settimana, poi bisogna andare alla Camera. Servono giorni. E non ce ne sono. Il corpo di Eluana è fortemente provato. Se fosse in ottime condizioni potrebbe durare anche un mese. Ma ora forse qualche decina di ore. Se Sacconi firma quell'ordinanza che blocca il processo fa respirare per qualche giorno Eluana. E con lei tutta la politica.

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