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Veltroni, ultimo giro

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 E i dossier delle liti tra correnti, accresciute negli ultimi giorni dalla riforma della legge elettorale per le europee, si accumulano sulla scrivania di Walter Veltroni. L'accordo tra il Pdl e i democrats per l'introduzione della soglia di sbarramento del 4% c'è stato. Nonostante all'interno della maggioranza qualcuno l'avrebbe forse evitata. Ma mentre nei partiti piccoli del centrodestra la cosa sembra essere stata accettata (anche se con qualche mugugno), a sinistra l'intesa siglata non piace a molti. L'assemblea del gruppo parlamentare di Montecitorio che domani affronterà la questione si preannuncia non facile. Sono in molti, all'interno del Pd, a nutrire malumori e anche Massimo D'Alema continua ad avere più di una perplessità, soprattutto per le ripercussioni che la riforma può avere sul piano delle alleanze e sull'opinione pubblica. L'ex ministro degli Esteri, in un'intervista al Messaggero non usa di certo paroline dolci, evidenziando le poche luci e le numerose ombre del Pd. Un progetto da cui, spiega D'Alema «non si torna indietro» e «l'idea che Ds e Margherita possano materializzarsi di nuovo è sciocca e irrealistica» ma il progetto del Partito democratico «è ancora incompiuto» e «il problema sono i passi avanti che ci mancano». Poi la legge elettorale, sulla quale l'ex ministro manifesta le sue perplessità, pur promettendo di attenersi alla disciplina di partito. «Anche se continuo a ritenere più giusta la soglia del 3% anziché il 4% prendo atto che il negoziato con Berlusconi non possa offrire di più» osserva auspicando però che si attenuino alcuni elementi tecnici dello sbarramento perché, ad esempio, «è ingiusto negare il rimborso a tutti coloro che non arrivano al 4%». Le parole di D'Alema portano altro scompiglio a largo del Nazareno. In un momento in cui, dentro il Pd, sta accadendo di tutto e si litiga per tutto: dalla leadership del partito (per la quale il nome di Bersani si fa sempre più insistente), alla campagna elettorale "fiacca" in Sardegna, con, tra l'altro, i rutelliani contro il candidato Soru; l'Idv che continua a lanciare ultimatum a destar come a sinistra. L'ultima stoccata da parte dello di Di Pietro, è la sfiducia da parte dell'Idv alla giunta regionale campana guidata da Antonio Bassolino e alla giunta comunale di Napoli di Rosa Russo Iervolino. «Dopo aver fatto dimettere i nostri rappresentanti dalle giunte napoletane e dai posti di responsabilità - scrive Di Pietro in una nota ufficiale - la battaglia dell'Italia dei Valori per il rinnovamento del quadro politico passa attraverso la sfiducia alle giunte Bassolino e Iervolino. Sfiducia che i nostri consiglieri regionali e comunali dovranno presentare rapidamente». Veltroni dal canto suo, va giù pesante, nel tentativo di mettere un freno a chiacchiere e sospetti. Innanzitutto, sulla leadership: si deciderà solo tra sette-otto mesi. «Credo che una leadership abbia bisogno di tempo per affermarsi, come è successo nel resto d'Europa e nel mondo a grandi protagonisti politici», sostiene Veltroni in una intervista al mensile Pocket: «Blair ha impiegato anni a costruire il New Labour prima di vincere, Lula è diventato presidente alla quarta candidatura. Comunque, per noi, deciderà il Congresso del prossimo autunno». Del resto, nel partito, gli ex Dl sono in fibrillazione davanti all'ipotesi di una guida Bersani. Per Beppe Fioroni questo non è proprio il momento di parlarne, «è come fare la cosa sbagliata al momento sbagliato». Fioroni non ci vede chiaro e spiega che «in una parte del Pd non c'è la volontà di superare Ds e Margherita, c'è la paura di cambiare e c'è la voglia di conservare quello che eravamo». Ma in questo modo non si creerà niente di nuovo, solo un altro partito «già vecchio, senza più nè appeal nè autorevolezza verso i cittadini-elettori. Voglio capire - attacca Fioroni - se qui c'è qualcuno che punta a rimettere in discussione il progetto del Partito democratico. Se è così meglio giocare a carte scoperte e dirlo». Infine, è lo stesso Bersani a spiegare, in un'intervista all'Unità, che il tema della leadership «non è all'ordine del giorno ma quando lo sarà darò il mio contributo, nelle forme che si decideranno insieme. Ho dato ampie dimostrazioni di quanto conti per me l'unità. Non si può dubitare che io sia uno della ditta». La data del congresso? «La lascio alle valutazioni del segretario».  

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