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Il crepuscolo del dipietrismo è arrivato prima di quanto si ...

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Dopo qualche settimana, nella rete giudiziario-mediatica finivano anche esponenti dell'Italia dei Valori, a cominciare dal figlio del capo, ed un sentimento di disfacimento prese ad avvolgere il partitino che ambiva a fagocitare il Pd. Adesso è il tempo dell'abbandono. Privo di una prospettiva politica, prigioniero del suo stesso giustizialismo, avvolto nei fumi di un populismo accattone che ha nauseato perfino i suoi più strenui sostenitori, Di Pietro raccoglie il malumore di un elettorato amareggiato e deluso, ma anche le critiche dei suoi più stretti collaboratori, degli eletti in Parlamento, dei consiglieri comunali e provinciali sparsi un po' in tutt'Italia. In Campania, specialmente, dove il movimento la scorsa primavera ottenne consensi insperati, la diaspora sembra inarrestabile. A Napoli, a Salerno, a Caserta se ne stanno andando i «portatori di voti» dell'Idv. Il personalismo dipietrista e gli interessi familistici hanno indotto numerosi amministratori locali a dimettersi da un partito che persegue logiche che nulla hanno a che fare con la politica. Masaniello si ritrova solo. All'improvviso. Senza neanche aver avuto il tempo di dare una struttura organizzativa al suo fragile ed improvvisato movimento. Il partito che non c'è, continua a non esserci. E se è lodevole lo sforzo teorico di Pino Pisicchio, uno dei pochi politici di rango nelle file dipietriste, di dare un minimo di consistenza ideologica all'Idv, bisogna pur dire che è inane di fronte ad una pattuglia messa insieme con risentimento e ritrovatasi attorno al protagonismo di un solo uomo al comando. Quello stesso che un giorno, da ingrato, se la prende con Veltroni, un altro con il capo dello Stato, poi con l'Unione delle Camere penali e, naturalmente, con Berlusconi ad ogni ora invitando una presunta Italia «sana» a sostenere la sua battaglia di duro e puro contro le degenerazioni del sistema. Il guaio, per lui naturalmente, è che non ci crede più nessuno. Soprattutto in merito alla questione morale. Ed in Campania, dove più forte soffia il vento dell'immoralità pubblica, Di Pietro vede assottigliarsi le sue truppe sapendo che tutto il Mezzogiorno subirà il «contagio» delle defezioni fino a ridurre l'Idv a quel che era: una fazioncina velleitaria come il suo fondatore destinata ad elemosinare (questa volta non sappiamo da chi) un po' di voti per superare la soglia di sbarramento. A Di Pietro probabilmente glielo hanno tenuto nascosto, eppure avrebbe dovuto saperlo che le «rivoluzioni», anche quelle politicamente miserabili come la sua, se sono fondate sul nulla prima o poi si decompongono. Il tempo degli arruffapopoli è sempre breve e talvolta perfino tragico. Nel caso in oggetto, per fortuna, siamo di fronte ad una pochade riuscita male. L'apparizione del dipietrismo, dunque, rimarrà nella storia politica italiana come una scheggia impazzita del sistema dei partiti. E non lascerà dietro di sé né tracce, né tantomeno rimpianti.

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