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Rifondazione ormai afflitta da «disturbi comportamentali»

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Torna in mente quel libro Tutte le famiglie sono disturbate di Douglas Coupland (l'autore di Generazione X) che parlava di disturbi comportamentali che si sviluppano all'interno della famiglia. Sta succedendo lo stesso dentro Rifondazione comunista? Una famiglia che si disintegra a causa dell'accumulo di incomprensioni e rancori? In effetti, solo qualche elemento di psicanalisi può spiegare perché i figli (l'attuale classe dirigente del Prc) dell'amatissimo padre (l'ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti) sono arrivati ad odiarsi tanto, e perché la scissione che si sta consumando in questi giorni della minoranza guidata da Nichi Vendola, scattata in seguito all'allontanamento del direttore Sansonetti dalla guida di Liberazione, abbia assunto toni tanto personali e drammatici. È un «fratelli coltelli» senza la minima ironia. Sansonetti che dà dell'omofobo al suo segretario, che conosce e frequenta da anni. Questi, Ferrero, che parla solo con le cifre: «Meno 40% delle vendite, un giornale che perde tanto non può che cambiare gestione», neanche fosse uno di quegli industriali del Nord con cui da sindacalista si è scontrato per anni. Maurizio Zipponi che attacca il neodirettore di Liberazione Dino Greco, sindacalista come lui, bresciano come lui: «È uno che non ha mai vinto una battaglia sindacale, mai. Saranno contenti quelli di Brescia che se ne sono liberati». Gennaro Migliore che è il più triste: perde un partito, un futuro - per anni è stato l'erede al trono designato da Bertinotti - e il suo ex migliore amico, Luca Bonaccorsi, il quale ha mollato lui e il vecchio Fausto, portandosi appresso lo psicanalista Fagioli, tutto per lo schiribizzo di diventare il prossimo editore di Liberazione. E, comunque, non è ancora finita. Da qui al 24 gennaio, giorno in cui è convocata a Chianciano l'assemblea dagli scissionisti, liti e rese dei conti vanno avanti. Anche perché molti di quelli che hanno votato la mozione Vendola all'ultimo congresso, non vogliono saperne di lasciare il Prc. Tra i dirigenti, Augusto Rocchi, ex parlamentare, bertinottiano della prima ora; Milziade Caprile, ex vicepresidente del Senato; Rosa Rinaldi, ex sottosegretario al ministero del lavoro e ora membro della direzione; e Tommaso Sodano, ex presidente della commissione ambiente del Senato. Non lasciano il Prc perché non vogliono dar vita a un'ennesima formazione che è solo «un escamotage politicista e centralista, che assomiglia troppo alla fallita Sinistra Arcobaleno». In tutto sarebbero un terzo dei vendoliani quelli che vogliano restare. Pezzi di Sicilia, Sardegna, di Veneto. A Roma, la mitica sezione di San Lorenzo, dove pure Vendola aveva ottenuto più del 50%, ha deciso a maggioranza di rimanere nel partito. A volerlo più di tutti è il segretario, Giuseppe D'Agata, che bertinotttiano lo è non solo di fede, ma anche per lavoro, essendo uno dei collaboratori dell'ex presidente della Camera. A proposito, il Maestro, il punto di riferimento di tutti, il vecchio leader, il papà amato e ripudiato, insomma, Bertinotti, che fa? A parte dire che «la sinistra ha bisogno di un big bang», e che il partito gli sembra «irriconoscibile», non molto. Di certo, si sa che non aderirà formalmente né al nuovo soggetto, né alla vecchia Rifondazione. La confusione è massima, ma le Europee sono vicine. Se la legge elettorale non cambia, e rimane il proporzionale puro, il Prc di Ferrero dovrebbe allearsi con il Pdci e Sinistra Critica, ovvero Turigliatto e c. Mentre gli scissionisti dovrebbero andare con Sinistra Democratica e i Verdi, aspettando che anche il Pd si disintegri e che tutto si rimetta in moto. Se, invece, arriva lo sbarramento al 4%, non è da escludere che la scissione si ricomponga. Per un paio di deputati a Strasburgo, si rimangeranno accuse e insulti? Si vedrà. Per ora, le scommesse sono aperte solo sul futuro di Sansonetti. I ferrariani di Liberazione, che non l'hanno mai amato, invitano a scegliere tra: una rubrica dal perfido Paolo Mieli; una su Panorama offerta da Berlusconi in nome del servizio reso (di spappolare ulteriormente la sinistra) e della comune fede milanista; o sul Riformista, dal compagno di tante comparsate tv Antonio Polito.

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