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Cav-Fini, è ancora duello

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Bossi e Fini

Immigrazione, Bossi insiste

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Ieri ha leggermente cambiato registro, però, utilizzando un po' di ironia. E l'altro non ha digerito. Dunque, il Cavaliere arriva a Montecitorio a metà pomeriggio per votare la fiducia (che non è piaciuta a Fini tanto da averla definita, l'altro giorno, irrispettosa nei confronti del Parlamento), il presidente della Camera per prassi se ne va al suo ufficio al primo piano: li divide un soffitto, ma non si incroceranno. Uscendo dall'Aula il Cav è circondato dai giornalisti e si lascia andare: «Fini ha un ruolo istituzionale e svolge bene questo suo ruolo, lo fa in modo non partigiano. Ha solo inteso difendere le prerogative del Parlamento, chapeau». La Russa, che per tutto il giorno ha provato a mediare tra i due, subito applaude. Ma Fini non la prende così e commentando con i suoi la mette sull'ironico: «L'apprezzamento del presidente del Consiglio si unisce a quelli dell'opposizione di ieri (martedì, ndr) che sono di incoraggiamento a proseguire sulla strada intrapresa». Insomma, altro che chiarimento. La tensione a Montecitorio si respira nell'aria. Giorgio Stracquadanio, spin doctor del Cavaliere, si presenta alla Camera con stemmetto e gemelli al polso di Forza Italia: non se ne vedevano da tempo. Più in là Italo Bocchino, vicecapogruppo del Pdl in quota An e molto vicino a Fini, spiega la situazione: «Allora usiamo le parole che Berlusconi comprende bene. Se io ho un'azienda che vale il 25 per cento del mercato, voglio allargare le mie quote, voglio fondermi con una che vale il 12 per cento, non posso pensare di farlo senza che si svolga neanche un consiglio di amministrazione. Solo alle mie regole e senza concordare quelle degli altri». La materia del contendere resta il Pdl, il modo con cui sta nascendo, le regole, il dibattito interno. E soprattutto per parte finiana si ritiene che il Pdl stia nascendo ad immagine e somiglianza del Cavaliere, con una struttura scarsa, tale da non reggere a un dopo Berlusconi anche se arriverà tra cinquant'anni. E che sia quello il terreno dello scontro è chiaro anche da un successivo battibecco tra Berlusconi e lo stesso La Russa, reggente di An ma allo stesso tempo anche molto vicino al premier. Il capo del governo annuncia che «è confermato il congresso del Pdl per il 27 marzo». E il ministro della Difesa corregge subito: «Quella del 27 marzo è la data ipotizzata come più probabile per il congresso fondativo del Pdl. Ma non è ancora stata decisa una data ufficiale». Si va verso uno slittamento dell'assise? Berlusconi fa segno di no con la mano ai giornalisti. «Discussione inutile - sorride il sottosegretario Antonio Buonfiglio, molto vicino ad Alemanno -. Il congresso del Pdl è già cominciato. Una volta i congressi duravano tre giorni, oggi la discussione avviene tutta prima e nelle assisi c'è unanismo. Siamo nel pieno di una trattativa e proprio nel momento in cui An va verso il suo scioglimento, abbiamo trovato la nostra unità, è risorto il nostro spirito. E Fini ne è il leader».

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