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Berlusconi frena sulla giustizia: "Nessuna urgenza"

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Comunque, inizieremo ad esaminarla già dal prossimo Cdm. Io ritengo che nel giro di uno, due, tre Consigli dei ministri si possa arrivare ad una riforma condivisa». Parole che, però, non devono trarre in inganno. Non sarà certo il premier a dialogare con l'opposizione. «Certo - spiega -, io non posso sedermi al tavolo con questi signori della sinistra che mi danno dell'Hitler o mi definiscono Videla. Però, se i miei ministri, nella loro autonomia, vogliono trattare con gli esponenti del centrosinistra non ci sono problemi per me. Stesso discorso vale anche per i capigruppo del Pdl che possono dialogare». Ma, al di là delle finezze stilistiche e lessicali il dato resta: la riforma non arriverà in tempi brevi. Una frenata che sembra accreditare la versione non ufficiale secondo cui, in questo momento, il Cavaliere abbia voluto evitare di aprire un nuovo fronte all'interno di una maggioranza già in fibrillazione. Anche per questo, ad esempio, il Consiglio dei ministri previsto per oggi non è stato neanche convocato. A tenere sulle spine il governo sarebbe, ancora una volta, la Lega. I parlamentari del Carroccio, infatti, non sarebbero in linea con il Pdl su una serie di temi legati alla giustizia: dalle soluzioni individuate per il problema carceri a quella delle intercettazioni. Tanto che proprio su quest'ultimo punto la maggioranza ha preso tempo. La commissione Giustizia della Camera, che ha deciso di adottare il ddl del governo come testo base per riformare il sistema di ascolto delle conversazioni, ha fissato al 21 gennaio il termine per la presentazione degli emendamenti, «quando - si maligna nel Pd - si sarebbe potuto fissare molto prima». «Abbiamo voluto prenderci tutto il tempo necessario - spiega il presidente della commissione Giulia Bongiorno - per approfondire il tema e per avere un confronto costruttivo». Ma nel centrodestra non si nasconde che le differenze ci sono e che una soluzione condivisa ancora non si è trovata. Berlusconi e Forza Italia, ad esempio, vogliono che le intercettazioni siano possibili solo per reati di mafia e terrorismo, mentre An e la Lega non vogliono rimettere mano alla lista dei reati contenuta nel ddl del governo, che infatti hanno deciso di adottare all'unanimità. Vogliono che si possano disporre intercettazioni anche per altri reati tra cui quelli contro la Pubblica Amministrazione e cioè anche per corruzione e concussione. Nell'esecutivo di An di ieri Ignazio La Russa è stato chiarissimo: le intercettazioni dovranno essere previste per diversi reati, ma il Pm che ne farà richiesta dovrà motivare puntualmente perché le consideri necessarie e quali saranno gli obiettivi dell'indagine. Il ministro della Difesa, poi, ha preso le distanze anche su un altro punto: basta con la crociata a favore della separazione della carriere. È sbagliato pensare di poter passare come «un rullo compressore» sulle toghe. Le riforme vanno fatte, avrebbe aggiunto, ma a favore dei cittadini e non contro la magistratura. Nella riunione si sarebbe poi fissato un altro paletto: no ad ogni ipotesi di elezione diretta di magistrati come chiede invece a gran voce il Carroccio. E, sempre per restare in tema, nella riforma dovrebbe trovare spazio un giro di vite sulla legge del 1988 che ha introdotto la responsabilità civile dei magistrati. Una richiesta da sempre avanzata dai Radicali e ora appoggiata da molti esponenti del Pd (Pierluigi Mantini ha presentato una proposta di legge in proposito).  

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