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Il Cav conia una barzelletta su Bossi

Silvio Berlusconi

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{{IMG_SX}}Velenosamente amabili. Cordialmente acidi. I due, tra sorrisi e abbracci, si sono punzecchiati pubblicamente. Con un sincero chiarimento arrivato ieri a pranzo a Palazzo Grazioli al termine del quale Bossi ha detto ai suoi: «I tempi sono maturi, il clima sta migliorando. Ho detto a Berlusconi che ora deve fare l'accordo con la sinistra sulla giustizia. Io l'ho fatto sul federalismo e ora tocca a lui». Eppure la serata era cominciata sotto i migliori auspici. Berlusconi arriva con il Senatùr e lo fa accomodare al suo tavolo. Sorrisi vari. Arrivano gli antipasti e poi il primo. Prima che venga servito il secondo, come consuetudine, è l'ora dei discorsi. Il premier si alza e comincia a parlare, racconta quello che ha fatto il governo, ripete i decreti varati e le scelte fatte. Si lascia andare, parla un po' a lungo e Bossi si comicia a spazientire. Borbotta qualcosa. Il borbottìo si fa un fa più forte e Berlusconi, che sta continuando ad elencare quanto fatto, s'interrompe: «Umberto, qui a fianco a me, sta dicendo che le mie parole sono tutte balle. Fa esattamente quello che dovrebbe fare chi ti vuole sostenere». E via così. Il leader della Lega non replica. Ma continua a brontolare soprattutto quando il premier ci tiene a spiegare che con i suoi interventi e con il prezzo del petrolio che sta calando ci saranno risparmi per le famiglie in media di 900 euro. Il brontolìo del ministro si fa più rumoroso, e allora Berlusconi la mette sul ridere: «Fa così perché mi vuole dire di non cacciare troppe balle altrimenti non mi crede più nessuno». Niente replica. Berlusconi va avanti e afferma: «La nostra alleanza è duratura, imperitura e inscindibile». E il Senatùr puntualizza: «Per ora». Il Cavaliere aspetta che finisca di parlare il presidente del Consiglio per dire la sua. E mette i puntini sulle «i»: «Il governo fa delle cose buone, non bisogna però pensare alle banche, ma alle fabbriche in crisi, ai lavoratori, alle pensioni. La crisi ha attaccato le imprese». Allora Berlusconi la mette sul ridere: «Ci siamo messi d'accordo che quando uno si ritirerà dalla politica lo farà anche l'altro perché dobbiamo giocare a scopa». Poi Bossi va via e Berlusconi si mette a girare i tavoli. A uno racconta una barzelletta: «Si incontrano un vecchio politico e un vecchio cronista politico. Il politico fa: «Adesso te lo posso dire, facevamo a botte in piazza e poi dopo andavamo tutti assieme a puttane». E il cronista: «Non ci credo». Il vecchio deputato insiste: «Eravamo io, De Gasperi, Nenni, Togliatti e Bossi». E il giornalista: «Ma va là». Il politico insiste: «De Gasperi da buon democristiano veniva e poi si confessava. Nenni, da buon socialista, non aveva una lira e toccava a noi pagare». Il cronista domanda: «E Togliatti?». E il politico: «Secondo te da dove nasce la teoria della doppiezza togliattiana? Dal fatto che ne voleva sempre due». Il giornalsita: «Vabbé, ma Bossi che c'entra. A quell'epoca era un bambino». E l'anziano parlamentare: «Infatti, veniva a prendere la mamma».

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