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Fini fa il "conservatore". Sulla giustizia una riforma condivisa

Gianfranco Fini

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«É doveroso, ferma restando l'indipendenza e l'autonomia, riflettere anche sull'assetto della magistratura se davvero si vuole che essa sia all'altezza delle proprie funzioni costituzionali». È questa la posizione espressa dal presidente della Camera Gianfranco Fini in tema di giustizia: cambiare, senza stravolgere. Nel pomeriggio Fini è andato alla presentazione del saggio di Gennaro Sangiuliano «Giuseppe Prezzolini. L'anarchico conservatore» nell'Aula Magna dell'Università Lumsa di Roma. «Con Prezzolini — ha ricordato Fini — nasce la figura dell'intellettuale moderno, immerso nelle contraddizioni della società di cui è allo stesso tempo testimone e protagonista. Le avanguardie del primo Novecento, l'esperienza della "Voce", la più importante rivista culturale del secolo, la Grande Guerra, la nascita del fascismo, la Seconda guerra mondiale, il dopoguerra: Prezzolini ha marcato la vita culturale e politica italiana sfuggendo sempre alla tentazione delle ideologie e del conformismo». E proprio sul termine conservatore, Gianfranco Fini ha posto la sua attenzione. «Il conservatorismo di Prezzolini non è sinonimo di immobilismo. Il conservatore è colui che promuove dei cambiamenti, che si adegua ai mutamenti sociali, ma rispettando sempre i valori di fondo della società». Anche oggi, ha tenuto a ribadire il Presidente della Camera, vale quel principio, alla base di ogni riforma (giustizia in primis): cambiare, ma senza stravolgere. Ma sul tema della giustizia ieri sera c'è stato anche uno scambio di opinioni tra Berlusconi e Napolitano, durante una colazione di lavoro al Quirinale, organizzata per discutere della «partita» sul clima in vista del Consiglio Ue. L'incontro (erano presenti anche i ministri Frattini, Ronchi, Scajola, Prestigiacomo) volgeva al termine quando il Capo dello Stato, hanno spiegato fonti governative, ha ribadito l'appello affinché ci sia «un ampio confronto» sulla giustizia. «Con questa l'opposizione è molto difficile dialogare», avrebbe replicato il Cavaliere, ribadendo il suo pessimismo sulla possibilità di collaborare con il Pd. Berlusconi, aggiungono le stesse fonti, avrebbe assicurato di non voler affatto forzare affatto la mano e di voler comunque provare a tessere le tela con chi «vuole veramente la riforma».

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