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Villari mette nel sacco Veltroni

Villari

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Eppure nelle stanze di Sant'Andrea delle Fratte erano in molti a credere che l'incontro potesse essere decisivo. Invece niente. Nulla di fatto. E al leader del Pd non resta, per ora, che l'onore delle armi. Già, perché Veltroni le ha provate proprio tutte. Ha trascorso il fine settimana cercando di ammorbidire le posizioni di Antonio Di Pietro. Poi, ieri mattina, ha convocato i vertici del partito. Il portavoce del Pd Andrea Orlando fa sapere che «il partito ha chiesto all'Italia dei Valori di contribuire ad arrivare a una soluzione» presentando una rosa di nomi. La svolta sembra imminente, ma prima bisogna superare lo «scoglio» Villari. Il senatore si presenta a Sant'Andrea delle Fratte intorno alle 14, ma la sua non è una visita di cortesia. Anzi durante il faccia a faccia con Veltroni (presenti pure Dario Franceschini e il vicecapogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda) va all'attacco. Prima accusa il partito di non averlo difeso da Di Pietro («io non sono un venduto»), poi ribadisce che non si dimitterà fino a quando maggioranza e opposizione non avranno trovato un'intesa su un nome alternativo. Anzi, il suo compito è proprio quello di lavorare per questa soluzione positiva. La controparte, però, non ci sta. Veltroni chiede al senatore di dimettersi subito altrimenti il Pd sarà costretto a sanzionarlo, quindi se ne va prima che la riunione finisca. Dal canto suo Villari non sembra affatto intimorito e, lasciando la sede del partito, spiega: «Il Pd è casa mia quindi io non me ne vado. C'è stata qualche divergenza ma con il segretario ci siamo parlati con grande franchezza. Ho però preso atto di un passo avanti del mio partito e del segretario perché c'è la volontà di lavorare per superare la candidatura di Leoluca Orlando e questa è una condizione per superare l'impasse istituzionale che si è creata». Oggi intanto il senatore vedrà il presidente del Senato Renato Schifani e, domani, quello della Camera Gianfranco Fini. Le sue dimissioni, quindi, non arriveranno sicuramente prima di giovedì. A Palazzo Madama, invece, si riunirà questo pomeriggio il direttivo del gruppo, l'unico organismo che può decidere la sospensione di Villari dal partito (o addirittura l'espulsione). L'impressione, però, è che non succederà niente anche perché sono in diversi, sicuramente i Radicali eletti con il Pd ma anche qualche dalemiano come il vicecapogruppo Nicola Latorre, a nutrire dubbi verso provvedimenti così duri. Così la telenovela va avanti e Veltroni finisce sempre di più nell'angolo. Non dovesse riuscire a dare a Di Pietro la presidenza della Vigilanza, infatti, il Pd sarebbe costretto, per compensazione, a cedere all'Idv un posto nel Cda di viale Mazzini. Un'idea che alletta e non poco l'ex pm ma che, ovviamente, preoccupa i Democratici. E comunque anche la soluzione della rosa di nomi, a questo punto, sembra difficilmente praticabile. Anzitutto perché per eleggere un esponente Idv gradito al Pdl, ad esempio il capogruppo alla Camera Massimo Donadi, bisognerebbe far dimettere uno tra Orlando e Pancho Pardi (unici parlamentari dell'Italia dei Valori presenti in Vigilanza). E poi perché la maggioranza non appare affatto disposta a riaprire la partita. Di Pietro per ora tace. Parlerà stamattina in una conferenza stampa convocata alla Camera. L'impressione è che per Walter saranno altri dolori. Nic. Imb.

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